Credit Suisse finisce nel mirino del fisco Usa

Continua l'inchiesta del dipartimento di Giustizia americana contro le banche straniere: "Un complotto che risale al 1953".
01/03/2011 | Francesco D'Arco

"Un complotto che risale al 1953 e interessa due generazioni di evasori fiscali americani". Così il dipartimento di Giustizia americana definisce l'inchiesta sulle banche straniere che hanno facilitato l'evasione delle tasse di contribuenti statunitensi. Un'inchiesta che, dopo aver coinvolto Ubs, costretta a pagare una multa di 780 milioni di dollari, ora tocca anche l'altro colosso svizzero: Credit Suisse.

Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, nell'ultimo mese il dipartimento di Giustizia degli USA, ha arrestato un funzionario di Credit Suisse e rinviato a giudizio altri quattro funzionari o ex-funzionari della banca svizzera.

L'Internal Revenue Service, autorità fiscale degli Stati Uniti, li accusa di avere aiutato cittadini americani a frodare il fisco e di averli indirizzati su altre banche, tra le quali una israeliana (Bank Leumi) e una cinese (China Merchants), dopo che i loro conti segreti erano stati chiusi. Se condannati, rischiano fino a cinque anni di carcere e una multa di 250mila dollari a testa.

Secondo quanto riferito da Il Sole 24 Ore Marc Dosch, portavoce di Credit Suisse a Zurigo ha assicurato che la banca sta "cooperando attivamente con le autorità americane" e che non è, l'istituto, bersaglio dell'inchiesta.

Rimane però il dubbio di quella dichiarazione contenuta nel documento del dipartimento di Giustizia: "Un complotto che risale al 1953". Se davvero venisse dimostrata una tale accusa nel mirino dell'inchiesta non finirebbero solo i cinque funzionari al momento coinvolti.

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