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Gestore della settimina: "Vi spiego cos'è la vera gestione del rischio"

7/4/2016 | Didier Saint-Georges

AdvisorOnline.it pubblica in esclusiva in Italia il commento di Didier Saint-Georges di Carmignac


Che cos’è la vera gestione del rischio?
I mercati, si sa, non sono bravi a valutare il rischio politico. Confrontati a tale ineluttabilità, scelgono di ignorarlo o di speculare inutilmente su di esso. Il referendum britannico sulla Brexit è un pietoso esempio di quest’ultimo atteggiamento. I mercati si sono comodamente allineati con i sondaggi e, poiché le strategie di investimento si sono basate solo sulle speculazioni, le scommesse sono diventate la fonte prescelta di ispirazione. Questo approccio era sbagliato per due ordini di motivi. Si trattava di una speculazione su qualcosa su cui nessun investitore poteva pretendere di avere il minimo discernimento. E mentre i mercati si allineavano sulle scommesse, il rischio diventava asimmetrico man mano che le probabilità si ampliavano. Il ‘Remain’ sarebbe stato pressoché un non evento, mentre l’esito negativo ha rappresentato un enorme shock.


La gestione del rischio può essere definita come l’esatto opposto del conformarsi a questo genere di scommesse.


La storia dei mercati azionari dimostra che attraversare in maniera indolore i sell-off dei mercati aumenta significativamente la performance a lungo termine. Negli ultimi 20 anni, la performance dell’indice azionario S&P è raddoppiata (passando dal 320% al 650%) eliminando le cinque peggiori performance mensili. Quindi, gestire il rischio significa evitare questi periodi, così come un golfista evita una buca insidiosa che può compromettere il punteggio. Assumete rischi in maniera decisa quando il downside non è superiore all’upside. Con un risultato di 60/40 sarete tra i migliori investitori a lungo termine. Ma poiché non tutte le decisioni sbagliate si prendono allo stesso modo, è fondamentale evitare di commettere quei gravi errori che causeranno una netta differenza nel lungo termine. Inoltre, il comportamento finanziario mostra che dopo un forte drawdown, la maggior parte dei gestori di fondi fatica a evitare la duplice insidia che si cela tra, da una parte, l’immobilismo e l’incapacità di cogliere le opportunità e, dall’altra, raddoppiare la posta e rischiare il tutto e per tutto.


La buona notizia è che mentre fare previsioni è difficile e nella migliore delle ipotesi si ha una probabilità di successo del 60% nel lungo termine, individuare il rischio asimmetrico non è impossibile. Il referendum sulla Brexit ne è stato un esempio.


Ciò che rendeva il rischio così asimmetrico era la fragilità della nuova fase in cui sono entrati i mercati un anno fa. Da metà dell’anno scorso, i mercati affrontano un calo di momentum per quanto riguarda la crescita globale, trainata al ribasso da Cina, Giappone e Stati Uniti, unitamente alla presenza di azioni sempre più disperate delle Banche Centrali che hanno sempre meno impatto sull’economia reale e la fiducia degli investitori. La resilienza dei mercati agli shock esterni è ora ridottissima. Ed è resa ancora meno solida dal livello di indebitamento pubblico e privato e dall’impatto deleterio del debito sulla flessibilità.


È possibile costruire uno scenario in base al quale i mercati si districano attraverso le incertezze e riflettono semplicemente un contesto economico globale meno favorevole. Questo giustificherebbe la scelta di mantenere i portafogli azionari investiti prevalentemente in titoli a elevata visibilità, in particolare dei settori dei beni di consumo di base, farmaceutico o tecnologico, a scapito di titoli ciclici o del settore finanziario. Significa anche detenere titoli corporate accuratamente selezionati.


Ma l’asimmetria del rischio che stiamo affrontando nella fase attuale richiede altro: l’inclusione nel portafoglio di valute sicure e di titoli auriferi, che beneficerebbero di un forte rialzo in caso di estrema avversione al rischio. A medio termine, se e quando il Quantitative Easing getterà la spugna e saranno seriamente valutate politiche reflazionistiche più radicali, come l’helicopter money o una massiccia espansione del bilancio, allora potrebbero essere aperte posizioni in asset “reflattivi” come le obbligazioni indicizzate all’inflazione o anche le commodity.


In sintesi, gestire il rischio significa riconoscere i momenti di fragilità elevata e affrontarli con un approccio tipo strategia Barbell, che incorpora un minimo di potenziale di rialzo ma limita fortemente il downside in caso di evento avverso. In altri termini, significa aggiungere opzionalità al portafoglio senza dover pagare l’elevatissimo premio per l’opzione che gli operatori ricaricheranno sempre sul risparmiatore quando la volatilità aumenta.


*Membro del comitato Investimenti e Managing Director di Carmignac.

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