Tempo di lettura: 2min

UBP: il protezionismo di Trump potrebbe favorire l’Asia

2/8/2017

Secondo Christopher Chu, manager del fondo Asian Equities di Union Bancaire Privée, la decisione di Donald Trump di ritirare gli USA dalla Trans Pacific Partnership (TPP) è stata una formalità


Secondo Christopher Chu (nella foto), manager del fondo Asian Equities di Union Bancaire Privée, la decisione di Donald Trump di ritirare gli USA dalla Trans Pacific Partnership (TPP) è stata una formalità, considerato che molto difficilmente il Congresso avrebbe ratificato il patto durante gli ultimi mesi di Obama.

 

La sua amministrazione sta ora cercando di promuovere numerose proposte che fanno poco per stimolare l’export ed invece danneggiano i consumatori americani riducendo il reddito reale attraverso una perdita di efficienza. I dazi doganali proposti puntano a ridurre il deficit commerciale o imponendo delle tariffe sui paesi che sono ritenuti manipolatori di valute o rimuovendo le franchigie sulle importazioni per sussidiare l’export. Secondo Trump, queste politiche miglioreranno la competitività delle esportazioni.

 

Nel breve termine, queste circostanze potrebbero portare a un duplice beneficio per gli esportatori asiatici a spese della manifattura americana. Dal lato del valore, la maggior parte degli scambi commerciali sono negoziati in dollari, il che annullerebbe ogni risparmio nel tasso di cambio derivato da un dollaro forte. Per le aziende asiatiche che esportano in valuta locale (non in dollari), l’apprezzamento della moneta americana si riflette in vendite maggiori. Il lato negativo per gli esportatori esteri deriverebbe da eventuali cali significativi nei volumi. Se da un lato questo diminuirebbe il deficit commerciale degli Stati Uniti, la crescita più debole delle importazioni suggerirebbe un indebolimento dell’economia americana che Trump cerca di evitare. Se i volumi rimarranno invariati, le tariffe saranno assorbite dai produttori o scaricate sui consumatori.

 

Dal lato dei volumi, la sostituzione delle importazioni non sarebbe possibile immediatamente dato che l’Asia conta circa per il 50% del deficit commerciale americano. Inoltre, secondo le stime dell’Ocse, le esportazioni americane contengono mediamente il 20% di prodotti di provenienza straniera, quindi, per espandere le proprie capacità di produzione gli esportatori statunitensi perderebbero un valore pari al 10%. Mentre i sussidi e le agevolazioni fiscali compensano i costi finanziari, alla maggior parte delle industrie mancano le materie prime sufficienti per raggiungere i target fissati dall’amministrazione Trump per la generazione di crescita immediata.

 

Il ritiro degli Stati Uniti dal TPP potrebbe anche fare da catalizzatore per la maggior parte dell’Asia. Sebbene solo cinque paesi asiatici fossero fra i firmatari originali dell’accordo (Giappone, Singapore, Brunei, Malesia e Vietnam), tanti altri hanno manifestato interesse ad aderire (Corea del Sud, Taiwan, Tailandia, Indonesia e le Filippine). Considerata la possibilità che gli Stati Uniti o la Cina possano unirsi più avanti, il ritardo offre l’opportunità per gli investimenti e la spesa per le infrastrutture di migliorare l’efficienza della produzione.

Condividi

Seguici sui social

Advisor è la prima piattaforma interamente dedicata alla consulenza patrimoniale e al risparmio gestito con oltre 38.000 professionisti già iscritti


Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione


  • Leggi articoli esclusivi
  • Salva le tue news preferite
  • Partecipa ad eventi esclusivi
  • Sfoglia i magazine in anteprima

Iscriviti oggi!

Hai già un profilo? Accedi qui

Cerchi qualcosa in particolare?