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Franklin Templeton, perché gli emergenti sono sottovalutati

2/23/2017

Stephen Dover, managing director e cio di Templeton Emerging Markets Group e Franklin Local Asset Management, espone i motivi per cui gli emergenti rappresentano un’opportunità di investimento interessante


Stephen Dover, managing director e cio di Templeton Emerging Markets Group e Franklin Local Asset Management, espone i motivi per cui gli emergenti rappresentano un’opportunità di investimento interessante.

 

Sebbene i mercati emergenti rappresentino attualmente almeno il 10% della capitalizzazione dei mercati azionari mondiali (in base agli indici MSCI), la percentuale di portafoglio che la maggior parte degli investitori investe nei mercati emergenti è minore. Sebbene il mondo sia diventato più globalizzato, molti investitori evidenziano ancora una ‘propensione per il paese natale’, investendo unicamente entro i propri confini, anche se i mercati di altri paesi appaiono più promettenti. Nell’universo dei mercati emergenti esistono spazi di crescita ed una potenziale opportunità di diversificazione che molti investitori non prendono neanche in considerazione. Essi rappresentano oggi quasi il 50% del prodotto interno lordo (PIL) mondiale misurato in termini nominali (intorno al 60% in base alla parità di potere d’acquisto) e quasi l’80% della crescita del PIL globale.

 

I mercati emergenti hanno inoltre registrato cambiamenti strutturali. Negli ultimi tre decenni hanno conseguito la loro crescita fenomenale sostanzialmente grazie alle esportazioni. Sebbene molti mercati emergenti dipendano ancora dalle esportazioni, queste economie stanno radicalmente cambiando. Soltanto nel 2008, le materie prime ed i titoli dei materiali costituivano il 50% dei componenti dell’Indice MSCI Emerging Markets. Oggi, tale categoria costituisce circa il 15% dei titoli dell’indice. Questo mutamento crea un numero decisamente maggiore di opportunità d’investimento concentrate sui consumi e sui servizi.

 

Numerosi investitori probabilmente non si rendono conto del fatto che alcune società informatiche estremamente sofisticate hanno sede nei mercati emergenti. Nel 2008, le società informatiche (IT) rappresentavano circa il 7% dell’Indice MSCI Emerging Markets, mentre oggi il settore costituisce il 24% dell’indice ed i suoi maggiori quattro componenti in termini di ponderazione sono società IT. La ponderazione dei titoli orientati al consumo, nel 2008 pari al 7% dell’indice, rappresenta oggi il 17%.

 

La debolezza osservata nelle valute di molti mercati emergenti è un fattore che rafforza a sua volta un’ipotesi d’investimento. Il dollaro statunitense è ai massimi degli ultimi 15 anni ed alcuni si aspettano che possa rafforzarsi ulteriormente, in quanto si prevede che la Fed continui ad aumentare i tassi d’interesse man mano che l’inflazione sale. Messico, Argentina, Colombia, Indonesia e Malesia sono tutti esempi di paesi con valute scambiate a livelli che potrebbero essere considerati di difficoltà, valutate come se le economie in questione fossero in forte crisi. I fondamentali indicano una situazione diversa e questi paesi appaiono decisamente migliori di quanto rispecchiato dai livelli delle loro valute. L’inflazione sembra inoltre destinata a calare in Brasile, Russia, Colombia e Nigeria, e ciò consentirebbe alle rispettive banche centrali di perseguire politiche monetarie accomodanti, stimolando così i mercati azionari locali.

 

In aggiunta, la crescita del PIL è destinata a superare quella dei mercati sviluppati. Per quest’anno infatti, il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita del 4,5% delle economie emergenti rispetto all’1,9% dei mercati sviluppati. I segnali indicano che anche la crescita degli utili nei mercati emergenti potrebbe verosimilmente superare quella dei mercati sviluppati. In termini di crescita degli utili, i mercati emergenti sono rimasti arretrati, ma nel 2016 hanno sovraperformato i mercati sviluppati per la prima volta da oltre cinque anni.

 

Infine, gli Stati Uniti sono prossimi alla piena occupazione e l’amministrazione del Presidente Donald Trump ha proposto alcune politiche (quali potenziali tagli delle imposte e spese fiscali) che sembrano stimolanti per la crescita economica. La storia ci ha dimostrato che in generale un’economia statunitense forte è positiva per i mercati emergenti. Anche qualora dovessimo assistere ad una leggera riduzione degli scambi commerciali, un’espansione dell’economia globale è destinata ad aiutare i mercati emergenti. Inoltre, come spiegato, i mercati emergenti maggiormente dipendenti dall’economia interna dovrebbero essere più protetti dagli shock globali di altri mercati.

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