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Amundi SGR non crede in un nuovo ciclo di crescita

2/24/2017

L'asset manager espone i suoi dubbi nel consueto report mensile sui mercati


L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha avuto numerose conseguenze importanti sui mercati finanziari. Si è assistito a un repricing delle prospettive di crescita, delle aspettative d’inflazione e del rialzo dei rendimenti obbligazionari. La questione è se questo repricing sia giustificato solo a breve termine o anche a lungo termine: si tratta di un prolungamento dell’attuale ciclo della crescita che sta per esaurirsi o siamo all’inizio di un nuovo ciclo di crescita?

 

Amundi è dell’idea che scommettere su un prolungamento del ciclo attuale sia ragionevole in questa fase, mentre credere in un nuovo ciclo di crescita sia eccessivo per il momento. Anche se gli Stati Uniti beneficeranno di politiche fiscali e di bilancio più generose, non dovremmo assistere a un nuovo e più robusto ciclo di crescita. Ciononostante, il contesto è tornato favorevole al mercato azionario, in particolare sui temi domestici USA quali le small-mid cap, la domanda interna e i settori ciclici. L’asset manager ha tuttavia ridotto queste esposizioni a beneficio del mercato europeo, meno rischioso in termini di valutazione.  

 

Per quanto riguarda le obbligazioni societarie, il portafoglio di Amundi è sovrappesato su questa classe di attività, sia per gli USA che per l’Europa. Le obbligazioni USA, tenuto conto del releveraging delle aziende americane, sono più vulnerabili a eventuali rialzi dei tassi e dei rendimenti obbligazionari rispetto alle loro omologhe europee. Il rialzo dei tassi americani non durerà: questo è un episodio di cambiamento della banda di fluttuazione, non un cambio di regime. Le condizioni reali non dovrebbero permettere alla Fed di procedere a una forte stretta monetaria, per questo le attese di Amundi sono di due rialzi dei tassi nel 2017. Il differenziale dei tassi, in particolare con l’Europa o con il Giappone, o la differenza tra i rendimenti dei titoli obbligazionari a breve e a lungo termine, dovrebbero ben presto far risultare di nuovo rilevanti i Treasury americani, particolarmente interessanti per via del carry offerto e per le loro qualità naturali di macrocopertura in caso di difficoltà nei paesi emergenti o in Europa. In un contesto di debole e temporaneo rialzo dei tassi americani, non è neanche il caso di attendersi una forte ripresa dei tassi in Europa, soprattutto perché la BCE continua ad acquistare quantitativi superiori a quelli delle emissioni nette dell’intera zona Euro. La fine del QE della BCE comporterebbe un forte rialzo dei Bund decennali tedeschi e dei rendimenti dei paesi periferici, il che equivarrebbe a una crisi del mercato obbligazionario. Tuttavia, nel 2017 la volatilità non giungerà dalla BCE, ma dall’acuirsi dei rischi politici dell’Eurozona. La posta in gioco delle elezioni olandesi, francesi e italiane è il futuro dell’Europa.

 

L’inflazione USA sarà ben presto superiore all’obiettivo del 2% della Fed e sono ritornati ad affacciarsi con prepotenza i timori per una sua ripresa, fortemente esagerati in questa fase della crescita. Sono comunque da esaminare attentamente le obbligazioni indicizzate all’inflazione. Amundi ha riconsiderato questi mercati a partire dal primo trimestre del 2016 per via delle qualità di macrocopertura di questa classe di attività, giudicata interessante anche per via delle valutazioni estremamente basse e della loro posizione fortemente sottopesata nei portafogli.

 

Anche se l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha dirottato molti investitori dei mercati emergenti (tensioni politiche, timori di misure protezionistiche, attacchi politici frontali…), essi presentano ancora molti vantaggi: valutazioni interessanti, divise sottovalutate, ampie posizioni sottopesate nei portafogli e flussi potenzialmente elevati di capitali sono tutti buoni motivi per rimanere positivi. Ci attendiamo una buona performance di questi mercati nel 2017.

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