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Catastrofismo Brexit? Ma l'economia UK vola

4/3/2017

Questa l'opinione di M&G Investments, che sottolinea come le società britanniche abbiano registrato la crescita dei profitti più vigorosa dalla crisi


I negoziati per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea potrebbero costituire il cambiamento strutturale più significativo di questa generazione per l’economia britannica. Ma è anche possibile che l’impatto economico si riveli così modesto da risultare impercettibile.

 

“Una cosa che sappiamo per certo è che l’economia britannica finora si è dimostrata più forte del previsto. Sappiamo anche che gli economisti e gli operatori di mercato stanno in parte ignorando questo fatto. Dopo aver indicato all’inizio del 2016 una previsione di crescita intorno al 2% per il 2017, gli economisti hanno rivisto al ribasso le aspettative a circa lo 0,5%, subito dopo il voto a favore della Brexit. Da allora, i dati migliori del previsto hanno fatto scattare una nuova revisione delle aspettative per il 2017, risalite a un livello più normale, ma se guardiamo al PIL del 2018, le attese sono inferiori a quelle dell’immediato post-referendum”, commenta Steven Andrew, gestore del fondo M&G Income Allocation.

 

Ad appena il 2,5%, la crescita media dei salari resta tuttora inferiore al livello che il Comitato di politica monetaria (MPC) vorrebbe vedere prima di un rialzo dei tassi. Il tasso di disoccupazione, tuttavia, è vicino al minimo degli ultimi 40 anni e il reddito delle famiglie ha di fatto registrato un’accelerazione nei sei mesi trascorsi dal referendum. Dopo l’attenuazione delle incertezze legate alla reazione iniziale alla Brexit e la svolta al rialzo dell’inflazione di fondo, manca solo la spunta dell’imprescindibile casella dei salari perché l’MPC possa facilmente giustificare un aumento dei tassi in tempi brevi.

 

“Sarebbe plausibile aspettarsi che questa incertezza si traduca in rendimenti più elevati sui gilt, ma in realtà l’interesse sulle scadenze a due anni è inferiore al livello dell’immediato dopo Brexit. Negli ultimi tempi, questa dinamica trova in parte riflesso nel segmento lungo della curva, in cui i rendimenti dei gilt a lunga scadenza sono scesi, mentre quelli dei titoli analoghi statunitensi, giapponesi e tedeschi sono rimasti piatti. Il mercato non crede che il Regno Unito aumenterà i tassi di qui a breve ed è stata questa opinione a determinare l’andamento dei rendimenti sui gilt, non i dati positivi recenti (e neanche l’ipotesi che la sterlina più debole potenzialmente associata alla Brexit faccia correre l’inflazione nel breve termine)”, continua Andrew.

 

Il profondo scetticismo nei confronti dei buoni dati economici dovuto allo spettro della Brexit si manifesta anche verso le azioni delle società britanniche. Di recente i mercati azionari hanno generato rendimenti robusti, ma contrariamente a quanto accaduto negli Stati Uniti e in altre parti del mondo, non è stato un fenomeno riconducibile a un rialzo delle quotazioni. I profitti sono cresciuti più rapidamente dei prezzi, facendo diventare molti settori “più scontati” nonostante il progresso segnato.

 

“A dispetto di tutto il catastrofismo imperante sulle prospettive economiche del Regno Unito, le società britanniche quotate hanno registrato la crescita dei profitti su base annua più vigorosa dai tempi dell’uscita dalla crisi finanziaria nel 2010. Il fatto che molte aree del mercato abbiano visto un calo delle quotazioni in questo ambiente è tutt’altro che insolito, nelle fasi di ripresa successive a uno shock degli utili, ma è anche indicativo di come si tenda a dare più peso alle opinioni sugli effetti della Brexit che non ai dati concreti disponibili”, conclude il gestore.

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