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Cina onshore entra negli indici MSCI: ecco cosa cambia

6/1/2018 | François Perrin e Dmitriy Vlasov*

Shanghai e Shenzhen presentano più di 3.500 società quotate per una capitalizzazione di 8.700 miliardi di dollari


Le Borse di Shanghai e Shenzhen, fin dall’introduzione negli anni novanta, hanno giocato un ruolo significativo nello sviluppo e nell’approvvigionamento di capitali per la cosiddetta “China Inc.” Oggi la Shanghai Stock Exchange (SSE) e la Shenzhen Stock Exchange (SZSE) presentano più di 3.500 società quotate, per una capitalizzazione di mercato totale pari a 55.800 miliardi di Renminbi (equivalenti a 8.700 miliardi di dollari) e un turnover medio giornaliero pari a 360 miliardi di Renminbi (56 miliardi di dollari).

Il mercato domestico cinese è il secondo a livello mondiale in termini di capitalizzazione e turnover giornaliero, dietro soltanto agli USA. Le A-share offrono una migliore esposizioni a temi puramente domestici, in settori che presentano buone opportunità di crescita strutturale come i consumi, la protezione ambientale e l’healthcare.La mancanza di liquidità offerta dai canali tradizionali (QFII/R-QFII) e i relativi meccanismi di rimpatrio hanno fatto sì che per tre anni l’ingresso negli indici MSCI venisse bloccato.

È stato il lancio degli schemi Connect (dello Shanghai Hong Kong Connect del 2014 e dello Shenzhen Hong Kong Connect nel 2016) a fare da catalizzatore e a portare al tanto atteso annuncio nel giugno 2017. Le società quotate cinesi onshore verranno incluse nell’indice MSCI Emerging Markets in due fasi: nella prima, in programma per il 1° giugno 2018, il fattore di inclusione sarà pari al 2,5%, mentre nella seconda, il 3 settembre 2018, verrà incluso un ulteriore 2,5%. Eventuali incrementi del fattore di inclusione dipenderanno da miglioramenti della regolamentazione del mercato domestico. A piena inclusione le A-share rappresenterebbero il 13,9% dell’indice, che si andrebbe ad aggiungere al preesistente 25,8% relativo al China offshore.

Le 234 A-share cinesi che saranno incluse nell’indice MSCI EM dal 1° giugno 2018 coincidono in massima parte con le società che compongono gli indici domestici e comunemente accettati (ad esempio il FTSE SSE 50, il CSI 100 e il CS 300). Una delle ragioni per cui ci piacciono le A-share cinesi è il fatto che i settori dipendenti dalla domanda (come l’healthcare o i beni di largo consumo) tendono a essere più rappresentati sul mercato domestico rispetto al China offshore. Escluse alcune specificità relative ad esempio al processo di offerta pubblica iniziale o la regola di sospensione delle azioni, il mercato domestico cinese rimane dominato dagli investitori retail, che rappresentano fino all’80% del totale, e il suo comportamento tende a essere in massima parte decorrelato dal resto del mondo.

È anche importante notare come le società delle A-share cinesi (considerato l’effetto SOE) tendono ad avere credenziali ESG migliori delle equivalenti offshore, in particolare per quanto riguarda le mid cap, per via delle stringenti regolamentazioni relative agli strumenti finanziari imposte dalla specifica commissione (CSRC, China Securities and Regulatory Commission). Grazie all’ambizioso obbiettivo annunciato dalla CSRC nel 2017 – sarà richiesto a tutte le società nazionali la pubblicazione di un report relativo alla sostenibilità entro il 2020 – ci aspettiamo che le realtà onshore continuino a offrire opportunità di investimento più valide e solide rispetto ai pari offshore in termini di tematiche ESG.

L’inclusione delle A-share nell’indice MSCI, in maniera simile a quanto avvenuto per Taiwan o per la Corea vent’anni fa, porterà più investitori esteri e istituzionali nel mercato delle A-share, con un passaggio del contesto di investimento da un mercato dominato dal retail e caratterizzato da trading frequenti e alti tassi di turnover a uno più istituzionalizzato. Questo processo di convergenza, che potrebbe protrarsi per più di dieci anni, comporterà alcune discrepanze dei prezzi, offrendo quindi buone opportunità di stock-picking. 

Considerato che il 50% degli investimenti globali legati alle tecnologie pulite sono attualmente concentrati in Cina, supportati dall’obbiettivo “Cielo Azzurro” del governo cinese, le industrie legate alla protezione dell’ambiente e i campioni domestici cinesi a livello ambientale offrono opportunità di investimento molto interessanti per gli investitori internazionali. Questo universo di investimento, che è attivo in campi quali l’energia pulita, l’efficienza energetica, i NEV, i trattamenti dell’acqua e altri, viene attualmente scambiato con un multiplo prezzo/utili pari a 14, mentre la crescita composta degli utili per azioni si attesta intorno al 24%.

* portfolio manager di East Capital

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