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I CF e gli "analfabetismi" da gestire

7/14/2018

Quello di "fruizione tecnologica" che si unisce ad un analfabetismo "finanziario" ormai certificato da numerose ricerche. La soluzione? Forse risiede nei consulenti stessi.


Carla Rabitti Bedogni (presidente OCF) ha definito i consulenti finanziari “gestori dell’ansia”, una definizione che ha scarso appeal dal punto di vista marketing ma che risulta efficace nel descrivere il ruolo che i CF devono assumere nei confronti dei clienti: guidarli “nel processo decisionale nel loro migliore interesse”. Ma prima di gestire l’ansia dei clienti i CF si trovano a dover affrontare un’ansia personale che turba da tempo le notti di molti professionisti: il timore di essere soppiantati da una macchina. Per diverso tempo i dibattiti sono stati caratterizzati da riflessioni sulla distinzione tra robo-advisor e robo-for-advisor. Oggi queste discussioni hanno lasciato spazio a discorsi ben più ampi che partono da una verità: la rivoluzione digitale è in corso. Una consapevolezza che genera l’ansia di non riuscire a mantenere il ritmo di questa evoluzione rapidissima.

 

Come affermato dal fisico Mario Rasetti, presidente della Fondazione ISI, nel corso di uno dei seminari del Consob Day dello scorso 11 giugno: “La quantità di dati che produciamo raddoppia ogni anno: nel 2017 abbiamo generato tanti dati quanti nell’intera storia dell’umanità fino al 2016. Con l’IoT (Internet of Things) entro 5-7 anni avremo 150 miliardi di sensori connessi in rete, 20 volte il numero di persone sulla Terra. Allora la quantità di dati raddoppierà ogni 12 ore”. Non solo. “Stanno per accedere alla rete oltre 3 miliardi di nuovi utenti, per lo più tramite smartphone sempre più economici. E, contrariamente ai 2 miliardi che li hanno preceduti, la loro prima esperienza con Internet sarà tramite video ad alta risoluzione e connessioni veloci a qualunque cosa solleciti la loro immaginazione”. E molti di questi nuovi arrivati non avrà costruito le proprie abitudini di Internet-nauta su anni di esposizione a giornali, libri, radio e TV. Sarà “analfabeta”.

 

Un analfabetismo di fruizione che si unisce ad un analfabetismo finanziario ormai certificato da numerose ricerche. Proprio l’esistenza di questi analfabetismi è il punto di partenza per superare l’ansia da tecnologia: l’intelligenza artificiale ha bisogno dell’uomo. Senza è perduta. Senza sono perduti i clienti perché, come ha ricordato bene Rasetti: “L’intelligenza artificiale - che mira a decodificare il codice dell’intelligenza umana - sta facendo progressi mozzafiato, ed è ormai capace di automigliorarsi a ritmo frenetico. Ma nessun algoritmo predittivo potrà sostituirsi al cervello umano che usa una potenza di 20 watt, ma ha un potere computazionale enormemente maggiore di quello di qualsiasi super-computer oggi immaginabile (oltre Turing) e se le predizioni sono errate ha meccanismi per correggerle e farne altre. L’AI ci aiuterà a rendere ancora più potente questo nostro cervello. Occorre però superare la fase transitoria, adattando subito economia, politiche sociali, comportamenti collettivi”. Ed è qui che entra in gioco il “gestore dell’ansia” auspicato dalla professoressa Rabitti Bedogni: un nuovo ruolo che impone ai CF di garantire trasparenza e simmetria informativa, ma soprattutto che ha la responsabilità (enorme) di selezionare quale tra le innumerevoli informazioni che il cliente può oggi raggiungere è davvero utile.

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