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Azimut, Giuliani contro tutti: "Il titolo tornerà a volare"

7/26/2018

La società chiude con risultati superiori del 50% rispetto al consensus. Per Mediobanca sarà oggetto di future operazioni di M&A. A luglio il gruppo è stato preso di mira da 7 hedge fund


Azimut chiude il primo semestre con i conti in chiaroscuro. Considerando i primi sei mesi nel loro complesso, l'utile è in calo a 73 milioni di euro dai 121 milioni del primi semestre 2017 con ricavi a 376 milioni (415 milioni nei primi sei mesi del 2017). Ma entrando nel dettagli dei primi due trimestri, i numeri del secondo risultano in netto miglioramento e battono decisamente le attese del mercato: i ricavi sono in lieve calo a 193 milioni (201 milioni nello stesso periodo dello scorso anno), mentre il risultato netto è pari a 46 milioni di euro rispetto ai 48 milioni del secondo trimestre del 2017, un dato comunque superiore del 50% rispetto al consenso che stimava un utile di 29,1 milioni di euro. A ricordarlo è il presidente Pietro Giuliani (nella foto) in una dichiarazione al vetriolo in cui attacca, senza citarli direttamente, i recenti report degli analisti, tra cui quello di Mediobanca Securities, uscito poche ore prima della presentazione dei dati.

Lo studio di Mediobanca Securities
Secondo gli analisti di Piazzetta Cuccia, l'attuale valore di Borsa di Azimut, inferiore a 2 miliardi (1,85 miliardi), sarebbe addirittura inferiore del 30% rispetto al reale valore della società, stimato dagli esperti di Paizzetta Cuccia in 2,45 miliardi di euro. Un valore che potrebbe emergere, però, nell'ipotesi di spezzatino del gruppo: perché per Mediobanca Securities (il giudizio è ora "outperform" con un target price di 15,20 euro) agli attuali livelli - il titolo viaggia poco sopra i 13 euro - Azimut è a tutti gli effetti un possibile obiettivo di operazioni di M&A.

Lo studio divide le attività del gruppo in tre: le operazioni internazionali; le attività di asset management dedicate al mercato domestico; e la rete di oltre 1.700 consulenti finanziari, che è la parte più desiderata, tanto che negli ultimi anni sono emerse indiscrezioni di possibili fusioni o acquisizioni, sempre negate dalla società e da Giuliani in persona. Il primo vale 246 milioni di euro, l'asset management 943 milioni e la rete 1,8 miliardi di euro.

Lo schiaffo del presidente
Il report di Mediobanca Securities sembra però non essere piaciuto a Giuliani, che nella nota ai conti scrive: “Lascio alla fantasia e/o alla malevolenza degli 'operatori di mercato', la spiegazione del perché il nostro utile netto è superiore del 50% di quello previsto dal consenso. La nostra priorità è produrre performance per i nostri clienti e per i nostri azionisti, non spiegare perché i nostri risultati siano molto maggiori di quelli che il mercato si aspettava. Per quanto riguarda alcune fantasiose ipotesi sul futuro/valore di Azimut, commento solo reiterando il fatto che porteremo il valore del titolo a 50 euro (anche senza contributi che potrebbero sembrare fatti 'pro domo propria'). Ricordo che non più tardi di un mese fa 1.200 colleghi che lavorano in Azimut hanno investito in un’operazione di LBO ulteriori 100 milioni di euro, affiancati da un fondo di private equity che ha investito ulteriori circa 60 milioni di euro, per un totale di circa 160 milioni di euro”.

L'attacco degli hedge fund di Londra
Mediobanca Securities nello studio ricorda che il titolo di Azimut da maggio, in occasione della revisione del giudizio a "underperform", a oltre la metà di luglio ha perso circa il 23% del suo valore e che, secondo i dati Consob, al 20 luglio risultava il titolo più shortato in Italia con una posizione corta netta complessiva del 9,29%. A puntare su un ribasso di Azimut con una posizione short superiore allo 0,5% del capitale, secondo i dati Consob, a quella data erano sette fondi hedge: Marshall Wace, fondo hedge di Londra fondato da due noti gestori, Paul Marshall (uno dei principali finanziatori della campagna pro Brexit) e Ian Wace; Engandine Partners, l'hedge fund di Londra fondato dall'italiano Marcello Sallusti; AQR Capital Management; B&G Master Fund, il fondo hedge dei francesi Emmanuel Boussard e Emmanuel Gavaudan; e tre gestori "quant", il londinese, GSA Capital Partners, Point72 AM del gestore USA Steve Cohen, e WorldQuant di Igor Tulchinsky. Oltre ai fondi speculativi, Consob ha inserito anche due ex azionisti di Azimut con una posizione netta corta superiore allo 0,5% del capitale del gruppo: BlackRock e Wellington Management.

I conti trimestrali in dettaglio
Tornando ai conti semestrali, il totale delle masse gestite a fine giugno 2018 raggiunge i 40,8 miliardi di euro, che sale a 51,6 miliardi considerando anche il risparmio amministrato e il risparmio gestito da case terze direttamente collocato. La raccolta netta nei primi sei mesi dell’anno è stata di circa 2,4 miliardi, di cui una buona parte dal business estero che oggi rappresenta il 25% del patrimonio complessivo di gruppo. La posizione finanziaria netta consolidata a fine giugno 2018 risultava negativa per circa 57 milioni di euro, in diminuzione rispetto ai 134,9 milioni di fine dicembre 2017.

Nel semestre Azimut ricorda che sono stati pagati dividendi ordinari per circa 131 milioni e che è stata eseguita l’ultima tranche di buyback per circa 30 milioni e sono state fatte acquisizioni per circa 17 milioni. Positiva l’attività di reclutamento in Italia di consulenti finanziari e private banker: nel primo semestre del 2018 il gruppo e le sue divisioni hanno registrato 119 nuovi ingressi, portando il totale del gruppo Azimut a fine giugno a 1.719 unità.

Infine, il board di Azimut ha deliberato di procedere con una nuova tranche di acquisto di azioni proprie per un controvalore indicativo fino a 10 milioni, e un corrispettivo massimo per azione pari ad 30 euro. "Questa nuova tranche si aggiunge alle altre tre già completate nel precedente programma per un controvalore complessivo di 100 milioni di euro" spiega la nota, ricordando che a oggi Azimut detiene azioni proprie in portafoglio pari a circa l’2,8% del capitale sociale, e non vi sono azioni proprie detenute per il tramite di società controllate. Ricordiamo che il gruppo è oggi controllato dagli oltre 1.700 fra gestori, consulenti finanziari e dipendenti uniti in un patto di sindacato che ha in mano il 20% della società (in attesa di raggiungere il circa il 24% del capitale sociale al netto delle azioni proprie a seguito dell’operazione di rafforzamento annunciata in data 5 giugno 2018).

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