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Lo spettro della MiFID III incombe sui CF

6/7/2019

C'è bisogno di una nuova direttiva europea? E quali margini ci sono per eliminare il vincolo per il CF di dover scegliere tra la consulenza indipendete e non indipendente?


S'agita uno spettro sull'industria del risparmio gestito: quello della MiFID III. La saga non è finita? Già, la MiFID II è entrata in vigore nel gennaio 2018.E già si parla di un'ulteriore revisione della direttiva per migliorare quella attuale, anche perché di difetti alla MiFID II, che si rifà alle rigide normative entrate in vigore nel Regno Unito (RDR) e nei Paesi Bassi, non mancano di certo. Se ne parla in Europa da mesi. E se n'è parlato anche a Torino, alla tavola rotonda organizzata al secondo giorno dell'Efpa Meeting 2019, ospitato per la 12esima edizione al Lingotto.

Tra gli ospiti all'incontro c'era anche Salvatore Gnoni, che in Esma è il responsabile della protezione degli investimenti e degli intermediari, e Tiziana Togna, responsabile della divisione intermediari della Consob. Quello che ha colpito, al di là delle arcinote differenti posizioni sulla persona giuridica delle lobby di settore (Maurizio Bufi, per conto di Anasf che rappresenta i CF, a favore; Marco Tofanelli, segretario di Assoreti, contro; Gianfranco Torriero, vicedirettore di Abi, “neutrale” sull'argomento, per usare un eufemismo), è stato l'appello comune al legislatore europeo per rendere più flessibile l'applicazione delle direttive nei vari ordinamenti nazionali o comunque cambiare qualcosa di quello che c'è già. 

Il tallone d'Achille della MiFID II in Italia - e qui consulenti, mandanti e banche hanno cantato all'unisono - è il “vincolo per il consulente finanziario di dover scegliere tra la consulenza indipendente e non indipendente” per dirla con le parole di Bufi. Per tutti i lobbisti presenti sul palco eliminare questo vincolo sarebbe davvero un'opportunità per lanciare il servizio di consulenza indipendente, che, stante le attuali norme, non è proposta da nessuna banca o impresa di investimento di rilievo (fa eccezione Credem, per la verità, ma solo per i clienti UHNWI). Ad oggi, infatti, le reti per offrire il servizio di consulenza fee only sono costrette a creare (come ha fatto Credem con Euromobiliare Advisory SIM) una struttura separata con professionisti ad hoc remunerati solo tramite la logica fee only. Peccato che alla richiesta Gnoni abbia risposto picche.

“In verità – ha ricordato il dirigente Esma alla platea – la normativa poteva essere anche più severa proibendo del tutto a banche e società d'investimento di prestare il servizio di consulenza fee only”. Come dire: ringraziate di quanto vi abbiamo concesso e tornate a lavorare. Ma tant'è. Un'altra richiesta, che vede tutti d'accordo, è quella per una maggiore uniformità tra le legislazioni nazionali. “Bisogna evitare la competizione tra i vari i sistemi adottati tra i vari paesi membri” ha detto Togna (Consob), alludendo forse a quanto già visto dal punto di vista fiscale in alcuni paesi (Lussemburgo e Irlanda) che a conti fatti sono veri e propri paradisi dentro la Ue. Vogliamo forse creare "paradisi" degli investimenti?

Il professor Emanuele Carluccio, presidente di Efpa Europe, ha proposto a Esma "un maggior coinvolgimento per uniformare le conoscenze e le competenze nei vari paesi europei", ricordando che Efpa ha in programma un evento in settembre a Parigi su questi argomenti. Gianfranco Torriero, vicedirettore di Abi, si è spinto più in là, chiedendo di condividere le informazioni sulle normative di settore a livello nazionale (una sorta di archivio europeo dei vari TUF applicati nei differenti Paesi Ue). Richieste su cui concorda anche Gnoni. "Bisogna comunque evitare una MiFID III" ha aggiunto il dirigente Esma. E tutti a fare di sì con la testa. Del resto, che non ci sia bisogno di una nuova normativa europea, e con tutto ciò che ne consegue, lo ha fatto capire indirettamente anche Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti, ricordando che la compliance è diventata uno dei costi più rilevanti per le reti e gli altri intermediari.

Già, i costi. Parlando delle rendicontazioni, Tofanelli ha anche detto che arriveranno prima di agosto, ma che il processo va a rilento perché molte informazioni devono essere poi rese in modo omogeneo per milioni di clienti e pare non sia facile. Una storia già sentita, per la verità. Un altro dei temi caldi della giornata è stato quello della “formalizzazione della consulenza”, un processo necessario affinché sia remunerata anche la cosiddetta "consulenza olistica", cioè quella tipologia di advisory "che abbraccia tutti i progetti del cliente è di fatto una realtà per molti professionisti del risparmio anche se non per tutti" ha detto in apertura di giornata Nicola Ronchetti, lo spumeggiante ceo & founder di Finer, che ormai presenzia a tutti gli eventi di settore con le sue approfondite ricerche.

Quella presentata a Torino è stata condotta assieme ad Efpa Europe su oltre 1.700 professionisti. Il risultato lo ha raccontato lo stesso Ronchetti. "La consulenza olistica si basa su una ricetta tanto semplice quanto complessa da realizzare: un approccio personalizzato in grado di includere tutti i progetti di vita dei clienti che vanno conosciuti approfonditamente e a cui va offerta un’unica regia". "Per creare valore al cliente –e farglielo apprezzare - la consulenza finanziaria non potrà più ballare da sola, ma dovrà divenire omnicomprensiva nella sostanza ma anche essere riconosciuta formalmente e supportata da adeguati di strumenti che consentano analisi dettagliate e soluzioni mirate e personalizzate" ha aggiunto Ronchetti.

Per fare ciò è necessaria la formazione. Ecco, a che punto siamo in Italia? Su 63.412 professionisti certificati (i numeri li ha presentati Carluccio) gli italiani sono oltre 6.000, di cui 3.644 EFA, 2.188 EIP e 373 EFP, terzi in Europa per numero di certificati, dopo gli spagnoli e i britannici. Su questo aspetto, se non altro, il nostro paese è all'avanguardia.

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