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BCE, l’ultimo atto di Draghi: il bilancio dei gestori

10/24/2019 | Daniele Riosa

Il presidente, il cui mandato scade il 31 ottobre, rivendica quanto fatto in questi otto anni: “Il giudizio complessivo sui tassi negativi è positivo”


Nessuna sorpresa dall’ultima conferenza stampa di Mario Draghi in veste di presidente della BCE. L’Istituto di Francoforte lascia i tassi d'interesse invariati: il tasso principale resta fermo allo zero, quello sui prestiti marginali allo 0,25% e quello sui depositi a -0,50%.

Draghi rivendica quanto fatto in questo periodo: “Il giudizio complessivo sui tassi negativi è positivo. I miglioramenti dell'economia hanno più che bilanciato gli effetti indesiderati negativi". E per ciò che riguarda lo scenario economico dell'Eurozona prevede "rischi al ribasso".

Jeremy Lawson, capo economista di Aberdeen Standard Investments spiega che “con la scadenza del mandato di Draghi a fine mese, la riunione odierna della BCE rappresenta la fine di un'epoca. L'attenzione si concentra sulla triste realtà del rinnovato malessere economico della zona euro. Anche se siamo d'accordo che la BCE non è ancora rimasta senza munizioni, la realtà è che a più di sette anni dal discorso di Draghi e a quasi cinque anni dal via libera al QE, l'inflazione di fondo nell'Eurozona è ancora poco al di sopra dei minimi del 2015 e l'obiettivo di inflazione sembra più lontano che mai”.

“Dopo essere riuscito nell’intento di tenere insieme l'Eurozona, portando una significativa ripresa economica e migliorando la comunicazione della BCE verso i mercati, Draghi si lascerà alle spalle una BCE divisa, ormai pressoché intrappolata nella sua strategia politica non convenzionale. Spetterà al suo successore, Christine Lagarde, trovare una via d'uscita e convincere i politici europei a pilotare i cambiamenti di politica fiscale e strutturale che sono la chiave ultima per sfuggire al mondo dei tassi negativi”, conclude Lawson.

Nick Wall, co-gestore del fondo Merian strategic absolute return bond, Merian Global Investors, si concentra sul futuro mandato di Christine Lagarde, che "dovrà affrontare un diverso insieme di sfide. Un’economia aperta come quella dell’Eurozona è molto esposta ai capricci del commercio globale e dell’instabilità politica, il modello di crescita europeo basato su risparmi elevati non può funzionare in un contesto di guerra commerciale. L’Europa non può più permettere che la BCE sia l’unica soluzione a cui potersi appigliare per non rischiare una recessione, quindi il compito della nuova presidente sarà quello di incoraggiare i governi ad essere più attivi per quanto riguarda le politiche fiscali volte a sostenere la domanda domestica".

Questo "dovrebbe essere un obiettivo raggiungibile, con gli investitori disposti a prestare capitale ai governi dei Paesi – dalla Germania alla Grecia – a tassi di interesse negativi. Tuttavia, ciò rappresenterà una rivoluzione per molti governi europei e pertanto Christine Lagarde dovrà fare ricorso a tutto il suo acume politico”.

Oliver Blackbourn, portfolio manager del team multi-asset di Janus Henderson Investors, rileva che “l'inizio della conferenza stampa della BCE ha, come di consueto, visto Draghi invitare i governi della zona euro ad agire sulle riforme strutturali per stimolare la crescita. Essendo questo un messaggio, in passato, caduto nel vuoto, una politica di stimoli fiscali potrebbe rimanere l'unica azione significativa rimasta per contrastare un futuro rallentamento dell'economia della zona euro. Mentre altre banche centrali potrebbero cercare di aiutare i governi a finanziare i futuri stimoli fiscali abbassando il costo del credito, qualsiasi suggerimento in tal senso, entro i rigorosi limiti delle regole della zona euro, si rivelerebbe estremamente controverso. Inoltre, i limiti di bilancio e di debito stabiliti dal trattato di Maastricht implicano che molti Paesi della zona euro (i più grandi) abbiano un margine di manovra limitato sul fronte fiscale".

La Germania "rappresenta un'eccezione alla luce delle eccedenze di bilancio riportate negli ultimi anni, come si può vedere nel grafico sottostante. Gli atteggiamenti sembrano cambiare, ma si tratta di un processo lento. Gli investimenti in infrastrutture e in progetti rispettosi dell'ambiente rappresentano possibili eccezioni e possono costituire l'avanguardia di un nuovo regime di politica fiscale più flessibile. Basta non aspettarsi troppo, troppo in fretta”.

"Le implicazioni di un passaggio verso un alleggerimento dei regimi fiscali – continua l’esperto - possono essere profonde. Nonostante il fatto che probabilmente si rimarrà ancorati a bassi livelli di tassi di interesse, i mercati obbligazionari potrebbero cominciare a prezzare rendimenti reali più elevati, date le aspettative di una crescita economica più forte. Con l'inasprirsi delle curve dei rendimenti di lungo termine, ci si aspetterebbe che i mercati azionari più ciclici vadano a sovraperformare. Tuttavia, nella migliore delle ipotesi, vedendo i primi segnali di un cambiamento di atteggiamento, c'è ancora molta resistenza da superare prima che tutto ciò si possa trasformare in realtà”.

“Nel frattempo, mentre Christine Lagarde sostituisce Draghi, ci si chiede se la BCE abbia fatto quasi tutto ciò che è in grado di fare in termini di politica monetaria”, conclude Blackbourn.

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