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Dollaro, “funziona” solo se percepito come bene rifugio

2/19/2020 | Redazione Private

Ramenghi di UBS WM in Italia spiega che “il ruolo internazionale della moneta USA consente di mitigare l'impatto degli squilibri commerciali e fiscali"


“Nel corso dello scorso decennio il dollaro si è apprezzato contro gran parte delle valute. Tale vigore riflette soprattutto due punti di forza: i rendimenti positivi offerti dai titoli di Stato (diversamente da quelli europei e giapponesi) e la sua funzione di divisa globale, che rende il biglietto verde particolarmente appetibile nelle fasi d’incertezza”. Matteo Ramenghi, chief investment officer di UBS WM in Italia, spiega che “quest’ultima funzione è cruciale per gli Stati Uniti, perché consente di mitigare gli impatti del deficit del bilancio pubblico e della bilancia commerciale. Tuttavia, per adempiere a tale compito il dollaro deve essere percepito come un bene rifugio”.

Che cosa succederebbe se l’economia statunitense dovesse entrare in recessione o se dopo le prossime elezioni presidenziali le tasse venissero nuovamente tagliate? “Il problema fiscale degli Stati Uniti - risponde l’analista - dipende dalle basse entrate fiscali rispetto al PIL. La spesa pubblica offre pochi spazi di ridimensionamento; la salute e le pensioni occupano più di metà della spesa, mentre il 3,2% del PIL viene speso per sicurezza e difesa, che sembrano intoccabili stante il sostegno da parte del Partito repubblicano. In assenza di misure che possano contenere il deficit, il debito federale continuerà a salire e nel tempo potrà superare decisamente quello europeo e avvicinarsi a quello giapponese. C’è però una grande differenza: i debiti pubblici di Giappone, Italia e Francia sono prevalentemente detenuti a livello domestico (grazie agli ampi risparmi privati), mentre quello degli Stati Uniti è nelle mani soprattutto di investitori stranieri, meno disposti ad assumersi rischi crescenti. Riteniamo pertanto che, se il deficit del bilancio pubblico non dovesse rientrare, nel medio termine lo status del dollaro come bene rifugio verrebbe messo in discussione”.  

“In questo caso anche la Federal Reserve potrebbe considerare tassi d’interesse al di sotto dell’inflazione per facilitare un rientro del debito, ma ciò avverrebbe a scapito della valuta. Queste considerazioni aiutano anche a comprendere come sullo sfondo del protezionismo vi siano temi ben più ampi degli squilibri commerciali. Se l’euro oggi non appare come un vero concorrente per il dollaro, si sta invece affermando il potenziale del renminbi come temibile alternativa”, conclude Ramenghi.

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