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Dollaro, ecco i motivi della disfatta settimanale

12/4/2020 | Redazione Private

Il wealth management di Banca del Piemonte analizza il crollo della moneta USA e il conseguente andamento positivo dell’oro


Il report settimanale dei mercati proposto dal wealth management di Banca del Piemonte si concentra su alcuni aspetti dell’attualità economica, politica e finanziaria tra cui gli indici di fiducia a livello globale, le novità sui vaccini, la discesa del dollaro e la salita dei tassi. Vediamoli punto per punto.

Indici di fiducia a livello globale

La Cina si conferma decisamente l’economia maggiormente in salute con i PMI ufficiali, in particolare il manifatturiero, sui massimi da settembre 2017: quello del settore dei servizi ha addirittura mostrato il livello più alto dal giugno 2012. Riteniamo non trascurabili, per le implicazioni che hanno sui mercati, alcuni segnali di pressioni inflazionistiche che sono giunte dai sottoindici dei prezzi. In realtà i PMI svelano che tutta l’economia asiatica in aggregato sta performando bene a livello economico. In Europa, invece, la maggiore delusione è arrivata dall’Italia, il cui settore dei servizi è risultato il più debole tra le grandi economie, mentre la Spagna ha ulteriormente rallentato, ma meno delle attese. In generale si percepisce come questi secondi lockdown abbiano imposto un rallentamento assai inferiore rispetto al primo. In ogni caso una significativa contrazione del PIL nel quarto trimestre dell'anno è da mettere in conto per l’Europa (leggero double-dip). Per completare la carrellata a livello globale, notiamo che l’ISM manifatturiero negli USA è calato più delle attese, pur restando su un livello robusto, mentre l’ISM servizi ha ceduto moderatamente (fatto strano, alla luce dell’acuirsi della seconda ondata). Anche in questo caso le indicazioni provenienti dai prezzi pagati sono in rialzo, per cui stupisce poco che le aspettative di inflazione salgano in questa fase.

Novità vaccini

Pare che l'EMA (European Medicines Agency) si esprimerà sul vaccino di Pfizer non prima del 29 dicembre, e su quello di Moderna le discussioni partiranno dal 12 di gennaio. Ne consegue che difficilmente le prime inoculazioni partiranno in Europa prima del nuovo anno, diversamente da quanto ritenuto. Il ministro della salute tedesco Spahn ha dichiarato che anche se i centri vaccinali saranno pronti nella seconda metà di dicembre, i vaccini alle categorie più vulnerabili non cominceranno prima di gennaio. Negli Stati Uniti le autorizzazioni per i vaccini di Moderna e Pfizer sono ormai imminenti, anche se ha preoccupato un po' l’annuncio da parte di Pfizer di problemi di approvvigionamento di tutte le materie prime necessarie alla produzione dei 100 mln di dosi previste entro la fine dell’anno. La produzione viene così ridotta della metà.

Discesa del dollaro e salita dei tassi

In settimana la discesa del dollaro ha assunto i contorni di una vera e propria disfatta. Una delle cause principali è da attribuirsi alle indiscrezioni riguardanti un progetto bipartisan per un nuovo pacchetto di stimolo da vararsi in USA entro dicembre, con un piano che ammonterebbe a circa 900 mld di dollari (sostanzialmente i 500 che volevano i repubblicani pre-elezioni più i 450 sottratti da Mnuchin alla Fed con la chiusura di schemi e programmi di aiuto). Il piano prevederebbe l’estensione dei sussidi settimanali di disoccupazione, 300 mld al Pay Protection Program, 250 mld agli stati e 50 bln per la distribuzione del vaccino. Appare evidente che, con la partita elettorale ancora aperta sui due seggi in Georgia, che potrebbero dare una risicata maggioranza ai Democratici al Senato, le trattative non saranno semplici.

Questa notizia ha impattato oltre che sul dollaro anche sui rendimenti USA, che hanno ripreso a salire. Stupisce il fatto che il mercato in questa fase stia prezzando una BCE quasi inoperosa di fronte alla forza dell’euro (siamo ad una settimana dalla prossima riunione), nonostante gli ultimi importanti annunci di ricalibratura degli strumenti attualmente in essere. L’argomento “piano fiscale”, oltre a causare l’indebolimento del dollaro attraverso l’aumento del deficit, è anche alla base del rialzo dei breakeven inflation (di fatto le aspettative di inflazione espresse dal mercato), con il 10 anni ai massimi da 18 mesi, a 1.87%, quindi sopra i livelli pre Covid. Riassumendo i motivi di debolezza del dollaro possono essere: deficits gemelli (bilancio e partite correnti), una Fed aggressiva verso una BCE inerme per ora ed infine un’economia globale in ripresa che attira investimenti e carry trades al di fuori degli USA.

Un altro movimento di mercato da segnalare è il raggiungimento di minimi sui rendimenti delle obbligazioni high yield americane, favorite dal recupero del prezzo del petrolio. In un contesto decisamente positivo l’oro approfitta poi della debolezza estrema del dollaro per recuperare qualcosa riportandosi sopra l’importante supporto di 1800 dolallari, nonostante i tassi nominali e reali in decisa risalita e con cui ha ultimamente dimostrato una correlazione negativa. Il petrolio beneficia invece nelle ultime ore dell’accordo OPEC+ che ha deciso un allentamento dei tagli alla produzione più leggero del previsto, in maniera tale da aumentare la produzione giornaliera da gennaio di soli 500.000 barili al giorno. Evidente il recupero del greggio, altro fattore che forse ha concorso alla risalita delle attese inflazionistiche.

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