Tempo di lettura: 5min

Azimut, tutte le sfide della Convention. E non solo

1/16/2017

"Siamo pronti a innovare ancora". È questa la promessa di Paolo Martini, che anticipa ad Advisoronline i traguardi che accompagneranno il gruppo per tutto il 2017.


Guardando al 2016 Paolo Martini (nella foto), co-direttore generale di Azimut Holding e amministratore delegato di Azimut Capital Management, non può fare a meno di fermare ogni riflessione sui numeri dell’anno da poco concluso e sul futuro del gruppo per cui lavora per ricordare Aldo Varenna, “un collega” ma soprattutto, uno “stimato professionista che ha fatto tanto per la categoria dei consulenti finanziari in Italia e all'estero ma soprattutto grande uomo dotato di rara umanità ed energia. Un esempio per tutti noi” ricorda Martini. Un ricordo che sicuramente non mancherà neanche alla consueta Convention Azimut prevista mercoledì 18 gennaio e che non solo sarà occasione per tracciare un bilancio dei risultati raggiunti finora dalla società, ma anche per annunciare nuovi progetti che Martini anticipa in questa intervista rilasciata ad Advisoronline.it

 

Partiamo dai risultati, qual è il bilancio dell’anno appena concluso?
6,5 miliardi di raccolta netta con equilibrio tra reclutamenti e crescita organica, oltre 125 inserimenti di private banker di fascia medio alta e in alcuni casi altissima, una performance netta ponderata al cliente non lontana dal 4%, consolidamento dell'estero, masse complessive che superano i 43 miliardi di euro con una crescita di oltre il 150% in 5 anni.

 

Però c'è ancora chi getta qualche ombra sui vostri risultati, cosa rispondete?
Con tanto lavoro, 26 anni di storia e i numeri. Guardando gli azionisti dei nostri competitors, tutti costole di grandi gruppi bancari o assicurativi italiani o esteri, non dovrebbe nemmeno esserci partita. Invece così non è, grazie alla bravura di tutti i circa 2.500 colleghi che lavorano nel gruppo in tutto il mondo. Siamo tra le più grandi pubblic company europee, il nostro è un modello che nessuno è riuscito a replicare in questi anni nonostante i numerosi tentativi.

 

Perché non è un modello facilmente replicabile?
Innanzitutto perché nel settore di figure come Pietro Giuliani e i manager fondatori ce ne sono poche, e poi perché serve una dedizione totale e sincera verso le persone per gestire una macchina democratica basata su un forte ascolto e condivisione di idee. È molto più semplice, creare procedure e regolamentare tutto in rigidissimi schemi. Così però le persone brave si sentono sempre più un numero ed è più difficile creare quell'ambiente necessario per innovare.  

 

Cosa avete in previsione per il 2017?
Diverse novità, sia lato gestionale, sia commerciale che presenteremo nella nostra Convention di metà gennaio. Cambiare è logico perché bisogna affrontare un mercato diverso ricco di nuove sfide e per farlo servono idee chiare, energia, coraggio di rompere gli schemi e possibilità di fare investimenti mirati. Noi siamo nella fortunata condizione di avere una struttura piatta, coordinata da un gruppo di manager in rete di assoluto livello nelle tre nostre linee di business - rete, wm e istituzionali - che ci stimola a migliorare in continuazione con idee e critiche costruttive.

 

Seguite sempre la strada della diversità, non ultima l'unione in Azimut Capital Management tra gestori e consulenti, perché?
È più facile fare il follower che l'innovatore, ma se non stiamo attenti finiamo tutti per fare le stesse cose e per il consulente diventa pericoloso perché diventa facilmente sostituibile. Non siamo banca ma abbiamo 5 diversi partner integrati con un'unica piattaforma con quasi 100.000 clienti  bancarizzati, siamo stati i primi ad andare all'estero e oggi siamo presenti in 15 Paesi, i primi a credere nel wealth management nel mondo reti, con ormai 10 miliardi di asset e oltre 130 consulenti reclutatati in 5 anni, i primi a investire nella gestione in modo deciso e a sviluppare idee legate al mondo aziende con il progetto Libera Impresa che ha visto oltre 250 milioni di capitale raccolto per supportare le PMI. Tutte cose poi puntualmente riprese dal settore.

 

Ma che sfide vede per i prossimi anni per la consulenza finanziaria in Italia?
Entro 4/5 anni, le reti possono arrivare ad avere circa il 20% di quota di mercato in Italia (dal 10%-12% di oggi) perché ci sarà una vera e propria onda di movimento di clienti che per motivi normativi (MIFID II), tecnologici e crisi del sistema bancario tradizionale si guarderanno intorno e sceglieranno con più cura il proprio intermediario.

 

E quelle per i consulenti finanziari?
Ci sarà sempre più una netta distinzione tra quelli che cresceranno e quelli che, purtroppo, avranno problemi a rimanere sul mercato. Entro 3 anni, sotto i 18/20 milioni di portafoglio non si riuscirà più a fare questo lavoro e il patrimonio dovrà crescere di almeno un 25%-30% per mantenere i margini di oggi e, cosa sempre più importante, rendimenti adeguati per i clienti.

 

Considerando queste sfide, voi cosa state facendo?
Noi puntiamo decisamente verso una sempre più alta qualità della gestione a livello internazionale  e delle performance, sul modello di multi family office industriale con focus sui servizi di cui siamo già leader di mercato, formazione per sviluppare nuove competenze e sulla tecnologia al servizio dei consulenti. Infine rafforzeremo ulteriormente l'area dei servizi per le imprese con progetti legati al mondo del non quotato. Qui ci giochiamo una parte importante del futuro della nostra professione, per rendimenti ai clienti e margine per consulenti e azionisti. Serve una rivoluzione culturale.

 

Quali consigli si sente di dare ai consulenti per affrontare un domani così mutevole?
Avere il coraggio di mettere in discussione quanto fatto fino ad oggi. Investire tempo sullo sviluppo delle competenze trovando un'area diversa dai soli investimenti per valorizzare la relazione con i clienti. Concentrarsi sul lavoro di team, che rappresenterà l'unico modo di operare sul target medio alto, e sul proprio personal branding, conoscere e usare la tecnologia senza però diventare dei fanatici anche perché l'età media si sta alzando e per almeno 15 anni avremo una grossa fetta di clienti benestanti che la usano poco. Infine scegliere con attenzione il partner corretto per affrontare tutto questo.

Condividi

Seguici sui social

Advisor è la prima piattaforma interamente dedicata alla consulenza patrimoniale e al risparmio gestito con oltre 38.000 professionisti già iscritti


Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione


  • Leggi articoli esclusivi
  • Salva le tue news preferite
  • Partecipa ad eventi esclusivi
  • Sfoglia i magazine in anteprima

Iscriviti oggi!

Hai già un profilo? Accedi qui

Cerchi qualcosa in particolare?