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MiFID II, cambiano gli equilibri tra reti ed SGR

9/9/2017

La trasparenza dei costi non incide solo sulla relazione tra clienti e consulenti finanziari. Al centro della direttiva il rapporto tra produttori e distributori.


Il 3 gennaio 2018, termine ultimo per l'entrata in vigore della MiFID 2 nei paesi dell'Unione Europea, è ormai alle porte e in Italia abbiamo assistito, nei mesi estivi, ad una forte accelerazione in merito al recepimento della direttiva. Le principali novità sono emerse nell'arco di tre giornate: tra il 28 e il 31 luglio. In meno di 72 ore Governo e Consob hanno alzato il velo sul decreto legislativo del 3 agosto 2017 n. 129 di attuazione della direttiva 2014/65/UE e su tre consultazioni volte a recepire al meglio la normativa. 

 

Al centro dei dibattiti sono finiti soprattutto l'art. 30-bis (che apre le porte dell'offerta fuori sede anche ai consulenti autonomi e alle società di consulenza finanziaria) e il documento firmato dalla Consob relativo alle modifiche del Libro VIII del Regolamento Intermediari in materia di consulenti finanziari (che prevede il trasferimento in capo all'OCF delle funzioni di vigilanza dell'Albo di categoria oggi affidate alla Consob stessa). Due temi importanti ma che non completano il quadro della rivoluzione contenuta nella MiFID 2, una direttiva che tocca molti aspetti e che spesso è stata indicata come la normativa che renderà definitivamente trasparenti i costi sostenuti dai clienti. 

 

Una affermazione corretta dal momento che, sulla carta, la direttiva impone una comunicazione chiara e tempestiva sia degli oneri ex-ante (ovvero previsti prima della sottoscrizione di un investimento o dell’offerta di un servizio), sia dei costi ex-post (ovvero un'informativa annuale che ricordi le spese complessive sostenute dagli investitori). Un tema che non incide solo sulla documentazione che il risparmiatore finale si troverà a visionare - e che potrebbe non essere di facile lettura - ma porterà a nuovi equilibri tra produttori e distributori

 

Sinteticamente, infatti, la MiFID 2 impone che venga indicato il costo totale sostenuto dal cliente ma con l'indicazione esplicita di tutte le fee applicate dall’impresa di investimento per il servizio e/o per la realizzazione e gestione degli strumenti finanziari offerti. Detto in altri termini sarà necessario che nella documentazione fornita al risparmiatore siano ben indicate, accanto al costo complessivo: le spese una tantum (ad esempio le commissioni di deposito o di distribuzione), le spese correnti (tra le quali le commissioni di gestione o di consulenza), i costi per le operazioni (come le commissioni di intermediazione o di entrata/uscita da un fondo), i costi accessori (come le commissioni di performance e i costi di ricerca).

 

Una trasparenza completa che aiuterà sicuramente i clienti ad avere un quadro più dettagliato degli oneri connessi a un investimento/servizio ricevuto, e che ha portato tutti a valutare l'impatto della MiFID 2 sulla relazione tra cliente e consulente finanziario. Una relazione che probabilmente subirà delle “modifiche” ma che non verrà rivoluzionata. La vera rivoluzione potrebbe, invece, riguardare il rapporto tra distributori e produttori dal momento che buona parte delle voci di spesa finora “impliciti” dovranno ora essere resi “espliciti” (su tutti penso alle commissioni di distribuzione e ai costi di ricerca, ma non saranno gli unici). Un cambio di paradigma che non sarà percepito dal cliente finale ma che porterà alla nascita di un nuovo baricentro delle parternship in essere tra questi attori.

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