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Commissioni di consulenza, l'IVA si paga

2/24/2018 | Stefano Loconte*

L’Agenzia delle Entrate ha dichiarato, rispondendo ad un interpello, che si debba applicare l’IVA sulla consulenza finanziaria indipendente.


Una recentissima interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, di portata che si potrebbe definire quasi storica nel mondo degli operatori finanziari, ha modificato il trattamento IVA delle commissioni addebitate dai consulenti finanziari indipendenti a fronte della loro attività. Dette commissioni, infatti, che prima dell’entrata in vigore della Direttiva MiFID II non avevano una fisionomia ben definita, sarebbero rientrate – in assenza della pronuncia del fisco – nella indistinta categoria delle commissioni relative a servizi di consulenza finanziaria, e sarebbero quindi state esentate da IVA; a seguito della nuova interpretazione, dovranno invece d’ora in poi essere assoggettate ad IVA. I consulenti indipendenti dovranno, cioè, addebitare in rivalsa l’imposta ai clienti.

 

Nei nuovi scenari della consulenza finanziaria, da poco ridisegnati dalla direttiva MiFID II, la nuova fiscalità delle commissioni dei consulenti indipendenti, che può apparentemente costituire soltanto un aggravio del costo complessivo del servizio per i clienti, si rivelerà, invece, un efficace strumento di controllo e garanzia circa la terzietà, l’indipendenza e l’imparzialità dei servizi di consulenza.

 

Ricordiamo, in proposito, che la Direttiva MiFID II ha fra i suoi obiettivi primari quello di rafforzare ulteriormente la tutela degli investitori. Per far ciò, nel confermare il dato ormai acquisito dal precedente regime MiFID I, ovvero nel confermare lo status di servizio di investimento riservato per la consulenza in materia di investimenti, la Direttiva ha introdotto quale ulteriore presidio a protezione degli investitori un nuovo livello di servizio, cioè appunto il servizio di consulenza su base indipendente. La consulenza su base indipendente, nell’intenzione del legislatore, dovrebbe rappresentare un livello di servizio di qualità superiore, in quanto dovrebbe garantire ai clienti la selezione dei migliori prodotti sul mercato grazie alla sostanziale assenza di conflitto di interesse col consulente stesso, che tipicamente si può verificare quando il consulente è retribuito o incentivato dalle società prodotto.

 

Il fondamentale tratto che caratterizza il servizio indipendente è difatti l’assenza di legame nella prestazione della consulenza con i soggetti che realizzano i prodotti oggetto di raccomandazione ai clienti, che si manifesta nel divieto di percepire compensi, incentivi o retrocessioni commissionali da parte di soggetti terzi rispetto al rapporto col cliente, o comunque da parte di operatori finanziari facenti capo a vario titolo alla filiera produttiva e di distribuzione del prodotti finanziari.

 

I consulenti, cioè, per essere considerati indipendenti rispetto alle società prodotto e alle reti, possono percepire, quale remunerazione per i servizi prestati, esclusivamente commissioni di consulenza e commissioni di performance, addebitate sul patrimonio del cliente che abbia dato seguito alle raccomandazioni del consulente.

 

Non potranno, inoltre, limitarsi a scegliere i prodotti finanziari distribuiti dalla propria banca o gruppo bancario, ma dovranno necessariamente esaminare una vasta gamma di strumenti e prodotti presenti sul mercato per scegliere i più adeguati alle esigenze e alle caratteristiche dei propri clienti.

 

Ripercorriamo brevemente le ragioni che hanno portato alla nuova interpretazione del fisco, per meglio comprenderne gli effetti, nonché i riflessi sulla effettiva trasparenza dei costi voluta dalle nuove regole comunitarie.

 

Come accennato, la consulenza su base indipendente ha da pochissimo trovato una propria autonoma definizione nell’ordinamento. Nella vigenza del previgente regime della Direttiva MiFID I, si riteneva concordemente che la consulenza in materia di investimenti propriamente detta, in quanto costituta da raccomandazioni personalizzate ed aventi ad oggetto strumenti finanziari ben determinati, fosse assimilabile ad una prestazione di mandato, mediazione e intermediazione relativa a operazioni su titoli, che è tipicamente un’operazione esente da IVA.

 

Ricordiamo al riguardo che, nel sistema europeo e italiano dell’IVA, la quasi totalità delle operazioni finanziarie (fra cui le operazioni su titoli, inclusa la negoziazione) è esente dall’imposta. Similmente, e per coerenza del sistema, sono esenti dall’IVA le “operazioni collegate” a operazioni finanziarie esenti, come appunto l’intermediazione nella negoziazione di titoli e figure assimilabili. La consulenza in materia di investimenti era dunque considerata un’operazione collegata alla negoziazione di titoli.

 

L’Agenzia delle Entrate, nella risposta all’interpello n. 954 - 914/2017, di cui qui ora si discute, alla luce delle caratteristiche proprie della nuova figura della consulenza finanziaria su base indipendente ha, invece, e correttamente, stabilito che questa tipologia di servizi nulla ha a che fare con l’intermediazione, né con altra operazione collegata funzionalmente a operazioni di negoziazione su titoli.

 

Ciò in quanto il consulente non è in alcun modo coinvolto nella negoziazione e conclusione del contratto tra il cliente e la società prodotto, né dal punto di vista giuridico, né sotto un profilo di interesse economico personale all’operazione, e neppure dal punto di vista operativo.

 

A riprova di ciò, vale riportare quanto giustamente enfatizzato dall’Agenzia delle Entrate nella motivazione del provvedimento, e cioè che “l’autonomia e la terzietà della società istante rispetto al soggetto che promuove i titoli ovvero a qualsiasi altra realtà finanziaria coinvolta è apprezzabile anche dal punto di vista operativo, in quanto, qualora il cliente intenda disporre operazioni relative a strumenti finanziari conformi alle raccomandazioni ricevute dalla società istante, lo stesso deve necessariamente avvalersi dell’intermediario presso il quale è depositato il patrimonio oggetto del servizio e/o di altri intermediari individuati, a sua discrezione, autorizzati alla negoziazione per conto proprio, all’esecuzione di ordini per conto dei clienti, alla ricezione e trasmissioni di ordini e/o al collocamento di strumenti finanziari”.

 

Alla luce di tutte queste brevi considerazioni è evidente che la comprensione della diversa fiscalità applicabile alle commissioni di consulenza, che varia a seconda della tipologia di servizio - il consulente indipendente deve addebitare l’IVA sulle sue commissioni, il consulente non indipendente non può farlo - diventa un elemento di comunicazione importante coi clienti.

 

Non bisogna dimenticare, infatti, che la Direttiva MiFID II impone la comunicazione preventiva al cliente non soltanto della natura indipendente della consulenza, ma anche dei costi che il cliente dovrà sostenere, costi la cui rendicontazione sarà, fra l’altro, molto più analitica.

 

In questo contesto, dunque, l’assoggettamento ad IVA delle commissioni può essere valorizzato quale elemento indiscutibile di conferma e garanzia della assoluta indipendenza del consulente, ed essere utilizzato quasi come strumento di marketing.

 

*Studio Legale e Tributario Loconte & Partners

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