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Mossa ad Advisor: “Nuove aggregazioni? Siamo alla finestra, ma…”

5/16/2019 | Daniele Riosa

L’a.d. di Banca Generali fa il punto sul risparmio gestito italiano e sulle strategie della banca


"Siamo alla finestra. Se ci fossero le giuste condizioni, ovvero profitto per gli azionisti e utile per i banker, valuteremo”. Gian Maria Mossa, amministratore delegato di Banca Generali, intervistato da Advisor, a margine dell’evento padovano ‘Ricette d’innovazione’ (che ha riunito intorno ad un tavolo ‘apparecchiato’ dallo chef stellato Davide Oldani, alcuni esponenti del mondo dell’innovazione in diversi settori per unire i vari ‘ingredienti’ e sviluppare la ricetta vincente) fa il punto sulla situazione del risparmio gestito italiano e prevede che “vedremo un maggiore consolidamento nei prossimi 12-24 mesi, soprattutto nelle piccole boutique”. E sulle strategie della banca conferma la centralità di Paesi come la Svizzera e il Lussemburgo. I Pir? “Tutto quello che si fa per indirizzare il risparmio privato nell'economia reale è sano”.

Qual è la ricetta giusta per fare innovazione?
Generalmente si lega sempre l'innovazione ad un aspetto tecnologico. Sicuramente è importante, basta vedere la digitalizzazione che va inclusa nella logica di fare banca. Ma oltre a questo aspetto vedo tre questioni fondamentali legate al concetto di innovazione: il primo la sostenibilità, ovvero essere più veloci e più bravi ad includere l'evoluzione socio-economiche e culturali che capitano intorno a noi.

Il secondo concetto?
È quello dell'accessibilità. Ovvero pensare sempre al business che si fa: noi, per esempio, mettiamo sempre al centro le persone. Per fare questo dobbiamo dare loro più opportunità creando una sorta di ecosistema: permettendo ai nostri professionisti di avere accesso a quello che di meglio offre il mercato attraverso un’architettura aperta di prodotti e un open banking molto esteso. In pratica significa trovare le migliori tecnologie, le migliori consulenze e i migliori prodotti. Il terzo? È più orientato sulla focalizzazione. Le banche tradizionali hanno mantenuto sostanzialmente lo stesso modo di fare banca e a questo modello hanno applicato le nuove tecnologie. In questo momento, invece, c'è un'opportunità enorme per ripensare a come fare banca, pensando al business, ovvero al banker e al cliente, e seguendo dall'inizio alla fine i processi. Quelli semplici vengono automatizzati, quelli a cui si aggiunge valore devono essere implementati dalla competenza. In sostanza abbiamo la grande opportunità di valorizzare il professionista e rafforzare il legame cliente-banker attraverso la tecnologia, attraverso un modo nuovo di fare banca e attraverso l'accesso a tutto quello che il mercato offre.

Generali, a livello europeo, ha puntato molto su Svizzera e Lussemburgo. Perché?
Partendo sempre dalla relazione consulente cliente, si nota un trend molto forte a livello internazionale, quello di diversificare anche il luogo fisico in cui si detengono gli asset. La Svizzera è uno dei Paesi con la maggior concentrazione di ricchezza visto che hanno il reddito pro capite più alto d’Europa. Dopo la trasformazione normativa di disclosures dei dati e di maggiore regolamentazione dei piccoli player c'è un'opportunità di consolidamento di un brand molto forte come il nostro.

Il Lussemburgo invece?
Lo si deve immaginare come un centro di competenza nella strutturazione dei prodotti perché rappresenta, oggi ancora di più, il cuore della finanza in Europa per la definizione di strategie d'investimento innovative. Da questo Paese possono passare idee di prodotto per avvicinare i risparmiatori all'economia reale, può passare la possibilità di levereggiare le competenze di Generali e può passare anche tutto il mondo degli illiquidi, tra cui gli Eltif. Quindi rappresenta il cuore dell'innovazione in termini di prodotti. La sfida è quella di portare parte di questa innovazione anche in Italia.

 

Lei ha recentemente dichiarato che vede difficili le aggregazioni nel mondo del risparmio gestito italiano. Quindi piccolo fa rima con bello?
No. Il piccolo non è più così bello, perché il tema regolamentare e della qualità del servizio implicano investimenti e quindi, in un contesto di normalizzazione dei profitti, non è facile per i piccoli player avere la capacità di investire. Ci vuole un ripensamento del metro di valutazione perché oggi probabilmente esiste un po' di asimmetria tra quello che riesce a generare in termini di profittabilità e redditività un certo tipo di business è quello che invece non ci riesce.

Come vi state muovendo?
Siamo alla finestra. Se ci fossero le giuste condizioni, ovvero profitto per gli azionisti e utile per i banker, valuteremo. Abbiamo fatto già in passato alcune ottime operazioni, tra cui due l'anno scorso. Credo che, a livello generale, vedremo un maggiore consolidamento nei prossimi 12-24 mesi, soprattutto nelle piccole boutique. Noi siamo tra quelli che possiamo avere un ruolo considerando la nostra solidità. Per ora siamo molto soddisfatti visto che cresciamo tantissimo e non abbiamo bisogno di aggregazioni. I due miliardi di quest'anno, di cui il 70 per cento deriva dal lavoro dei nostri colleghi in struttura, è un segnale di forza enorme in un momento di particolare incertezza. Per questo siamo molto fiduciosi per il futuro senza avere l'ansia di fare qualche operazione a tutti i costi.

Che cosa ne pensa del nuovi decreti attuativi sui Pir?
Tutto quello che si fa per indirizzare il risparmio privato nell'economia reale è sano. Poi bisogna fare molta attenzione alle modalità con cui vengono implementate alcune decisioni. Ma ripeto, il principio è molto sano.

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