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Rapporto Consob: le famiglie promuovono i consulenti

11/12/2019 | Marcella Persola

Giocano un ruolo chiave soprattutto per le competenze e i clienti li ripagano con fiducia visto che la relazione con il consulente è prevalentemente di medio-lungo periodo, come attesta il fatto che il 50% degli investitori assistiti non ha mai cambiato il professionista


Nel corso del 2018, le attività finanziarie lorde delle famiglie italiane hanno registrato una contrazione del 3,1% (-0,5% nell'area euro), a fronte di una crescita delle attività reali del 2,7% e una diminuzione delle passività pari allo 0,7% (rispettivamente, +1,3% e +3,6% nell'area euro). E’ questa la fotografia che emerge dal V Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane. Nel complesso, la ricchezza netta delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile rimane superiore al dato dell'Eurozona (rispettivamente, 8,2 e 7,7 a fine 2018), mentre il tasso di risparmio lordo domestico, pari al 10% circa e in lieve crescita per la prima volta dal 2014, continua a essere inferiore al valore registrato nell'area euro (anch'esso in lieve aumento).

 

Sul fronte delle attività a fine 2018, il 30% delle famiglie italiane dichiara di possedere almeno un'attività finanziaria, rappresentata da fondi comuni e titoli di Stato italiani, rispettivamente nel 26% e nel 18% dei casi (il dato risulta stabile rispetto al 2018).

Anche se pianificazione e controllo rimangono comportamenti poco diffusi presso le famiglie italiane. Nella gestione delle finanze personali, il 60% non segue una regola precisa mentre la quasi totalità del restante 40% decide definendo in modo sequenziale un obiettivo di spesa alla volta. Solo un terzo degli intervistati ha un piano finanziario e di questi poco meno del 40% ne monitora l'avanzamento in modo dettagliato, annotando le spese. Tra coloro che non pianificano, il 42% ritiene che sia inutile avere un piano, o perché manca la capacità di risparmio o perché è sufficiente controllare le spese, mentre il 20%, pur riconoscendone l'utilità, non è comunque intenzionato a modificare le sue abitudini nell'immediato.

 

Gli intervistati risparmiano in modo regolare (soprattutto per motivi precauzionali) nel 31% dei casi (in lieve calo rispetto all'anno precedente quando il dato si attestava al 33%) e in modo occasionale nel 37% dei casi; il 26% non accantona nulla, soprattutto perché le spese assorbono tutte le entrate famigliari. Il 43% delle famiglie ha contratto un prestito, prevalentemente con istituzioni finanziarie, sia per l'acquisto della prima casa (posseduta dal 72% del campione) sia per finanziare le spese correnti. In generale, il risparmio è più frequente tra i soggetti più abbienti, con maggiori conoscenze finanziarie, abituati a pianificare e inclini verso l'auto-efficacia, l'ottimismo e la contabilità mentale; viceversa, esso è correlato negativamente con ansia finanziaria, procrastinazione, avversione alle perdite e al rischio.

 

Ruolo chiave è assegnato alle competenze del consulente. Più del 50% degli investitori non è in grado di identificare i tratti distintivi del servizio di consulenza in materia di investimenti. La scelta del consulente è guidata prevalentemente dalle competenze del professionista, seguita dalla fiducia che questi riesce a ispirare nel cliente e dalla segnalazione proveniente da un soggetto ritenuto affidabile (famigliari, amici, istituto bancario di riferimento). La sfiducia, inoltre, è il disincentivo principale alla domanda di consulenza. In linea con i driver che guidano la scelta del professionista, le aspettative degli investitori nei confronti del consulente riguardano soprattutto le sue competenze, l'assenza di conflitto di interessi e il supporto a decisioni informate.

 

La remunerazione della consulenza rimane un elemento poco considerato, sia perché la maggioranza degli individui ritiene che il servizio sia prestato a titolo gratuito sia perché la disponibilità a pagare è molto bassa anche tra gli investitori assistiti da un esperto. La relazione con il consulente è prevalentemente di medio-lungo periodo, come attesta il fatto che il 50% degli investitori assistiti non ha mai cambiato il professionista, mentre il 18% lo ha fatto perché insoddisfatto del servizio ricevuto.

 

Nell'ambito della relazione con il consulente, prevale la propensione a seguire sempre la raccomandazione ricevuta in circa il 60% dei casi; meno del 20% si documenta sempre, consultando fonti informative alternative; meno del 5% chiede sempre una second opinion. Tuttavia, solo il 17% sarebbe disposto a seguire un consiglio che non ha compreso senza documentarsi, mentre la maggioranza degli intervistati cercherebbe di approfondire rivolgendosi anzitutto allo stesso consulente, consultando i siti delle Autorità di vigilanza, persone vicine e social network.

 

Nel corso della relazione i contatti con il professionista sono saltuari o assenti nel 26% dei casi, mentre nel 70% circa ricorrono con frequenza annuale su iniziativa del cliente o del consulente. Nel caso di turbolenze sui mercati finanziari, il 25% degli investitori assistiti cerca sempre conforto nel consulente e altrettanti vengono contattati dal professionista; nel 30% dei casi, infine, gli intervistati dichiarano di essere raggiunti tramite e-mail o newsletter.

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