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Prezzi su, multipli giù. Il rischio bolla si sgonfia

5/18/2021 | Lorenza Roma

Il CIO di UBS WM Italy ha analizzato l'andamento del rapporto prezzo utili riportato a livelli ragionevoli dalle trimestrali delle società quotate


Gran parte delle società quotate ha ormai riportato i risultati del primo trimestre, sia in Europa che negli Stati Uniti. Si è trattato delle migliori trimestrali da molti anni: circa l’80% delle aziende facenti parte dell’indice S&P 500 ha battuto le stime degli analisti per ricavi e utili, mediamente di ben il 24%. Anche l’Europa si appresta a chiudere le migliori trimestrali da inizio 2006; i ricavi si sono rivelati migliori delle aspettative, anche se in misura minore rispetto agli Stati Uniti. E' quanto emerge dall'analisi di Matteo Ramenghi (nella foto), chief investment officer di UBS WM Italy, in merito all'andamento del rapporto prezzo utili riportato a livelli ragionevoli dalle trimestrali delle società quotate. 

 

"La ripresa dovrebbe rimanere vigorosa nel resto dell’anno e ci si possono aspettare ulteriori revisioni al rialzo del consensus, vale a dire la media delle stime di tutti gli analisti che seguono un titolo. Negli Stati Uniti le aspettative per l’anno in corso sono già salite del 16% e ci aspettiamo rialzi significativi anche in Europa.  L’aumento delle attese sui profitti aziendali comprime il rapporto prezzo/utili, che fino a pochi giorni fa veniva considerato eccessivo da molti operatori. È l’ennesima prova che quando si esce da una fase recessiva e si entra in una fase di ripresa concentrarsi troppo sui multipli può trarre in inganno e ovviamente vale anche il contrario, quando ci si imbatte in una improvvisa recessione", ha precisato il CIO che ha aggiunto "se prendiamo a riferimento l’indice americano S&P 500, il rapporto prezzo/ utili è sceso da inizio anno nonostante le quotazioni siano salite mediamente dell’11%. Tuttavia, la reazione del mercato a questi numeri è stata piuttosto fredda: in parte perché molti operatori si erano già posizionati in anticipo, in parte perché sempre più investitori si preoccupano dell’aumento dell’inflazione e del suo impatto su mercati e aziende". 

 

"Il tema è ancora prematuro per l’Europa che, rispetto agli Stati Uniti, registra un ritardo di diversi mesi per quanto riguarda vaccinazioni e ripresa", ha sottolineato Rmenghi. "Se invece ci concentriamo sul mercato americano, molte aziende hanno riportato costi in aumento, sebbene più che compensati dalla crescita dei ricavi. Per ora si tratta di un andamento in linea con le attese: i costi salgono quando aumenta la domanda, fenomeno che si traduce in un incremento dei ricavi. L’aumento dell’inflazione potrebbe divenire un problema se si innescasse un’accelerazione significativa delle retribuzioni che, a cascata, obbligherebbe le banche centrali a ridurre gli stimoli monetari. Nelle ultime settimane il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha indicato che è troppo presto per discuterne e che, anzi, eventuali rialzi temporanei dell’inflazione non verranno presi in considerazione nelle decisioni di politica monetaria. Si tratta di un rischio che continuerà a tenere banco sui mercati, ma probabilmente non si concretizzerà a breve termine. In questo contesto, l’azionario continua a offrire potenziale, in particolar modo i comparti più ciclici come il settore energia, i finanziari e i mercati emergenti. Questi ultimi hanno avuto un andamento altalenante negli ultimi mesi soprattutto per via della battuta d’arresto del mercato cinese: in particolar modo, i colossi tecnologici hanno risentito dell’irrigidimento delle regole sulla concorrenza da parte del governo. Dopo questa fase di volatilità, per gli investitori a lungo termine si potrebbe aprire una opportunità d’ingresso sui mercati emergenti", ha aggiunto il CIO.

 

Ramenghi ha concluso dicendo: "In Europa, l’accelerazione delle vaccinazioni contro il Covid-19 dovrebbe dare impulso alla ripresa in modo simile a quanto già osservato negli Stati Uniti. Un aumento della domanda, una crescita duratura e maggior inflazione dovrebbero vedere favoriti i settori più ciclici. In particolare, il comparto dell’energia è stato tra i peggiori durante la crisi e presenta ancora valutazioni inferiori rispetto alla fine del 2019, mentre il prezzo del petrolio (Brent) è di 10 dollari più alto. I mercati hanno registrato una maggiore volatilità nelle ultime settimane. A parte il Covid-19, la principale preoccupazione è legata a un aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine (strettamente connessi all’inflazione), che potrebbe frenare la corsa delle borse. In aggiunta, ci si avvicina al periodo estivo, che storicamente presenta una maggiore volatilità. Molti investitori si domandano se seguire il vecchio adagio «sell in May and go away», dopo la buona performance delle borse da inizio anno. Anche se probabilmente la volatilità sarà in aumento, ritengo che per diverse ragioni abbia ancora senso rimanere investiti con un approccio diversificato: grazie all’accelerazione degli utili, le valutazioni sono ancora ragionevoli, i piani fiscali e le politiche monetarie continueranno a spingere l’economia e la crescente diffusione dei vaccini darà ulteriore sostegno alla crescita".

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