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Architettura aperta tra corsi e ricorsi storici

11/13/2021 | Nicola Ronchetti*

Una storia di amore iniziata oltre quindici anni fa, quella tra consulenti finanziari e l'open architecture. Ma ora...


Una storia di amore iniziata oltre quindici anni fa, quella tra consulenti finanziari e architettura aperta, celebrata con l’arrivo in Italia di decine di SGR estere. I consulenti finanziari potevano finalmente scegliere tra un numero crescente di asset manager americani, inglesi, francesi che affiancavano i nomi storici delle società di gestione del risparmio italiano.

 

Nel 2007 il 75% dei consulenti finanziari sceglieva in autonomia la casa di investimento e all’interno di questa il fondo o i fondi da proporre ai propri clienti, tra quelli messi a disposizione della mandante, ovviamente. Anche le mandanti erano alla spasmodica ricerca di nuovi leader dell’asset manager, meglio se esteri, da mettere in vetrina per dare un respiro più globale e cool alla propria attività di consulenza finanziaria. I mercati finanziari, si sa, non hanno confini, quindi le porte erano aperte a qualsiasi asset manager che avesse una buona reputazione e un buon track record. A meno di quindici anni, i numeri si sono invertiti. Solo il 25% dei consulenti va ancora “à la carte” mentre il 75% di loro si affida ai “menù degustazione” predisposti dallo chef della mandante, ovverossia dal team di fund selection che oggi decide la buy list e il destino delle SGR.

 

Come se non bastasse le mandanti, anche quelle storicamente più aperte alle SGR terze hanno cominciato, chi prima chi dopo, a creare vere e proprie SGR interne, dedite alla gestione in delega a case terze dei propri asset. Gestioni in delega mediante la richiesta alle SGR di veri e propri cloni dei loro fondi super star da inserire in contenitori a nome della SGR della mandante e caratterizzati da nomi accattivanti in linea con le tendenze di mercato. Ovviamente alle SGR è richiesto di rinunciare non solo alla visibilità del proprio brand, ma anche a qualche punto base nelle commissioni di gestione.

Tutto ciò per le mandanti ha tre vantaggi:

1) un beneficio economico derivante dalla stretta sulle commissioni alle SGR;

2) un controllo diretto del rischio;

3) una maggiore retention dei clienti in caso di cambio di casacca del consulente. Per il consulente il vantaggio è quello di poter contare su soluzioni di investimento preconfezionate dalla propria mandante, liberando tempo da investire nella relazione con i clienti e i prospect.

 

Oggi – con qualche eccezione – il mercato sembra dunque aver chiuso con l’architettura aperta. Corsi e ricorsi storici come direbbe Gian Battista Vico: chissà se il futuro ci possa riservare un altro cambio di rotta?

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