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La sfida dell’alimentazione sostenibile

8/21/2023 | Redazione Advisor

L’agricoltura intensiva è tra le principali cause della crisi climatica. Il mercato alimentare, in particolare quello della carne, sta iniziando a valutare soluzioni alternative per nutrire il pianeta senza divorarlo. Il commento di Pictet AM


L’agricoltura intensiva è tra le principali cause della crisi climatica. Per questo è fondamentale che il mercato alimentare, in particolare quello della carne, cerchi delle soluzioni alternative per nutrire il pianeta senza divorarlo. Come spiega Mayssa Al Midani, senior investment manager e gestore del fondo Pictet – Nutrition di Pictet Asset Management, l’industria globale alimentare sta vivendo una rapida trasformazione. “I problemi di approvvigionamento registrati dopo la pandemia e con lo scoppio della guerra lungo le catene produttive hanno messo in luce non solo la precarietà di una rete di fornitura ‘attaccabile’ e poco sicura, ma anche i costi ambientali e sanitari associati alla produzione intensiva e al consumo di carne”.

 

“Sebbene sia fondamentale per fornire nutrimento alla popolazione mondiale, l’agricoltura e lo sfruttamento della terra hanno un’impronta ambientale elevatissima a causa delle emissioni di gas serra e dello sfruttamento delle acque e del suolo” sottolinea la manager. “Oltre un quarto delle emissioni totali di gas serra deriva infatti dal cibo e metà delle terre abitabili del pianeta è usata per l’agricoltura. Tre quarti della deforestazione (ovvero 5 milioni di ettari di foresta persi ogni anno) sono inoltre causati dall’agricoltura, che distrugge tanto la biosfera quanto l’atmosfera”.

 

George Monibot, attivista ambientale ed editorialista del Guardian, spiega che la fetta di responsabilità maggiore si deve all’industria casearia e della carne. Secondo le stime dell’UN Food and Agriculture Organization, gli allevamenti di bestiame sono responsabili di circa il 15% di tutte le emissioni di gas serra al mondo. Uno studio dell’Università di Oxford mostra che i pascoli occupano oltre un quarto delle terre del pianeta, ma producono appena l’1% delle proteine del mondo. “Tutti noi potremmo nutrirci di carne allevata al pascolo se avessimo 12 pianeti a disposizione e nessuno spazio destinato agli ecosistemi selvatici. La carne allevata al pascolo è di gran lunga la principale ragione per questa espansione incontrollata” dice Monbiot. “Pensare di poter sfruttare un sistema produttivo del Neolitico per nutrire la popolazione di oggi non è un mito bucolico e nostalgico, in tutti i sensi”.

 

In questo processo di transizione, Al Midani sottolinea che la tecnologia può e deve essere determinante per modificare in meglio la produzione e il consumo di cibo, senza rinunciare a sapori tradizionali come quelli di uova e pancetta. “Questo è possibile utilizzando i batteri, ovvero, sfruttando una tecnologia chiamata fermentazione di precisione. Proprio come avviene nella produzione della birra, questo tipo di fermentazione usa microbi di origine naturale che si moltiplicano e, così facendo, creano alimenti specifici. Con l’aiuto della biologia sintetica, l’ingegneria e la tecnologia informatica, questa tecnica programma i microbi per fargli produrre proteine senza derivazione animale o vegetale con lo stesso profilo di macronutrienti di soia, carne e uova”.

 

“La fermentazione di precisione impiega molta meno terra, carbone, acqua e fertilizzante dei metodi tradizionali di produzione del cibo” puntualizza la manager di Pictet. “Richiede 1.700 volte meno terra dei mezzi di agricoltura tradizionali più efficienti per produrre proteine e 138.000 volte meno terra per la produzione di carne. Poiché questo processo è realizzato interamente in laboratorio, evita inoltre che acque e sostanze chimiche vengano riversate nel mondo naturale, limitando gli sprechi. Questa tecnica è già usata per produrre un’ampia gamma di cibi proteici senza carne (hamburger vegetali, bastoncini di pesce senza pesce e “nuggets” senza pollo), molti dei quali hanno già trovato spazio sugli scaffali dei supermercati, sui menù dei ristoranti e nella scelta dei fast food”.

 

“Le alternative più sane alla carne e le diete vegetali stanno diventando via via più popolari e il mercato dei sostituti della carne dovrebbe passare da circa 1,2 mila miliardi stimati nel 2025 a 1,8 mila miliardi di dollari entro il 2040, secondo le stime di AT Kearney. L’industria alimentare è adesso pronta ad adottare tecnologie innovative, tra cui anche l’automazione e l’IoT, per ottimizzare la propria efficienza, migliorare la sicurezza alimentare e ridurre gli sprechi” conclude Al Midani.

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