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Risparmi: cresce la quota investita in fondi e polizze

3/31/2017

È quanto emerge dalla relazione del Governatore di Bankitalia Ignazio Visco al Senato. Allarme educazione finanziaria: Italia ultima tra i paesi europei


Negli ultimi decenni in Italia si è registrato uno spostamento verso forme di investimento in attività finanziarie meno liquide e più complesse, avvicinando il paese agli altri principali paesi dell’Europa Continentale. È quanto emerge dalla relazione del Governatore di Bankitalia Ignazio Visco al Senato. Il numero uno di Via Nazionale ha ricordato, tuttavia, che in Italia resta elevato il peso di circolante e depositi (bancari e postali), ridottisi però fino al 20 per cento del complesso delle attività all’inizio degli anni duemila, ma cresciuti nuovamente negli ultimi anni fino a poco più del 30 per cento (1.300 miliardi di euro), una quota simile a quella registrata alla fine degli anni '80.

"Questa ricomposizione è il risultato della risposta agli effetti della crisi finanziaria globale e di quella successiva dei debiti sovrani nell’area dell’euro, in particolare all’insicurezza da esse generata e al calo dei rendimenti di altri strumenti finanziari. Il possesso di titoli obbligazionari, compresi quelli pubblici, la cui quota aveva raggiunto il 30 per cento alla fine degli anni Ottanta, è invece sceso oggi intorno al 10 per cento del totale delle attività finanziarie lorde, la percentuale più bassa dal 1950, che resta però elevata nel confronto internazionale, per un ammontare pari a 400 miliardi di euro. ​Vi contribuiscono per circa 150 miliardi le obbligazioni bancarie, in riduzione negli ultimi anni, un quinto delle quali è nella forma, più rischiosa, di titoli subordinati" ha spiegato Visco ai senatori.

La vita residua delle obbligazioni bancarie nel portafoglio delle famiglie è relativamente breve: il 40 per cento circa scadrà entro la fine dell’anno in corso, il 90 per cento entro il 2020. È invece cresciuto in misura significativa l’aggregato che comprende azioni e altre partecipazioni, quote di fondi comuni, riserve assicurative e fondi pensione, passati dal 35 per cento delle attività finanziarie alla fine degli '80 al 55 per cento di oggi. All’interno di tale aggregato il peso di azioni e altre partecipazioni è ancora pari a oltre 20 per cento.



Particolarmente contenuta è l’incidenza delle azioni quotate (2 per cento, il valore più basso tra i principali paesi): è preponderante, invece, la componente costituita da azioni e partecipazioni in imprese non quotate, riflesso delle caratteristiche peculiari degli assetti proprietari delle imprese italiane. Il maggiore incremento si è verificato per le quote di fondi comuni, aumentate da meno del 3 per cento dal 1990 al 12 per cento oggi, e per le riserve assicurative e i fondi pensione, oggi al 22 per cento (allora all’8 per cento), il massimo storico, che ci avvicina agli altri paesi dove sono più diffuse forme di previdenza complementare o alternativa al sistema pensionistico pubblico.

Quanto all’educazione finanziaria, Visco ha ricordato che l’indagine Standard & Poor’s “Global Finlit Survey” realizzata nel 2014 su 140 paesi colloca l’Italia all’ultimo posto tra i paesi europei, con solo il 37 per cento tra gli adulti che risponde correttamente ad almeno tre delle cinque domande su concetti di base (interesse semplice e composto, inflazione, diversificazione del rischio). L’indagine svolta da Allianz nel 2016 su dieci paesi europei conferma sostanzialmente tali indicazioni.

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