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Bankitalia boccia il gestito: costi dei fondi troppo alti

10/17/2018

Il capo della vigilanza Carmelo Barbagallo: "I grandi non sono presenti nei canali di sottoscrizione diretta e nessun italiano fa Etf"


"A fronte della tendenziale diminuzione delle commissioni di gestione registrata negli Usa e in altri paesi europei, negli ultimi dieci anni i costi dei fondi comuni italiani sono risultati in aumento sia per via della crescente applicazione di commissioni di entrata/uscita sia per l’introduzione delle commissioni di collocamento nei fondi a scadenza". Bankitalia, dopo uno studio pubblicato a inizio anno, torna a prendere di mira l'industria del risparmio gestito. E questa volta per bocca del capo del dipartimento di vigilanza bancaria e finanziaria Carmelo Barbagallo, che è intervenuto a una conferenza sull'asset management e il wealth management in Italia, che si è tenuta a Milano il 16 ottobre.

Barbagallo ha preso di mira anche il modello distributivo ad architettura aperta: l’incremento della quota di mercato dei gestori esteri non si è tradotto in un calo dei costi per i clienti. "Da uno studio pubblicato dalla Consob si ricava che, a parità di categoria, le classi di quote dei fondi esteri offerte in Italia al retail hanno costi in linea se non superiori a quelli dei fondi domestici" ha spiegato Barbagallo. La distribuzione, insomma, continua a fare la parte del leone nella catena del valore del risparmio gestito. I dati presentati dal capo della vigilanza di Via Nazionale mostrano che nel 2016 le SGR hanno retrocesso alle reti di collocamento circa il 70% delle commissioni attive percepite sugli OICR italiani, percentuale sostanzialmente in linea con quella del 2006.

E nel modello di business prevalente nel nostro paese "il costo dei prodotti caricato ai clienti incorpora sia il compenso della gestione finanziaria sia la remunerazione della rete di vendita: l’assistenza alla clientela nelle scelte di allocazione della ricchezza è prevalentemente fornita (e remunerata) all’interno dell’attività di vendita". Quanto ai canali di sottoscrizione diretta di fondi, la cui crescita è funzionale allo sviluppo della consulenza indipendente (fee only), Barbagallo ha ricordato che la piattaforma dei fondi quotati di Borsa italiana "non è decollata" e che questo mercato registra "volumi molto bassi, nonostante la disponibilità di fondi con commissione di gestione contenuta grazie all’assenza della componente destinata a remunerare la distribuzione".

Barbagallo ha evidenziato, insomma, una cosa nota a tutti gli operatori del settore: la sottoscrizione di prodotti di risparmio senza ricorre all'intermediazione del collocatore è limitata. Poi l'affondo contro l'industria che preferisce mantenere lo status quo: "Nessuno dei maggiori gestori italiani ed esteri - ha detto Barbagallo - ha inserito i propri prodotti nella piattaforma, rendendo limitata la gamma di strumenti disponibili agli investitori. È verosimilmente prevalsa la preoccupazione che l’apertura di un canale di collocamento diretto, in concorrenza con le proprie reti distributive, potesse compromettere gli sforzi di fidelizzazione della clientela".

Passando agli Etf, Barbagallo ha sottolineato l'assenza degli operatori italiani in questo mercato e che i clienti in Italia sono soprattutto istituzionali (60 miliardi di euro in AUM), mentre il retail è ancora residuale. Eppure "la crescente familiarità degli investitori verso l’utilizzo degli strumenti digitali nei pagamenti - ha proseguito Barbagallo - e nelle transazioni finanziarie può creare le condizioni per il lancio, nel nostro paese come nel resto d’Europa, di modelli di collocamento che si sono affermati da tempo negli Stati Uniti e che vedono l’utilizzo esclusivo del canale online da parte di grandi asset manager per collocare le quote dei fondi gestiti e per offrire servizi di consulenza personalizzata ai risparmiatori". Il capo della vigilanza di Bankitalia prospetta, quindi, una maggiore concorrenza nel settore visto che i prezzi praticati da questi operatori per il servizio di consulenza al pubblico retail sono estremamente bassi (nell’ordine dei 30 punti base), mentre il prezzo implicito pagato per la distribuzione dai sottoscrittori dei fondi comuni italiani è superiore ai 90 punti base.

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