Di recente, la Cassazione ha definitivamente legittimato l’utilizzo della cd. “Lista Falciani” precisando, più in generale, quando dati e informazioni acquisiti dall’Autorità fiscale italiana possono essere legittimamente utilizzati nel processo tributario (Ordinanze nn. 8605/15 e 8606/15).

 

Secondo la Cassazione, la “lista Falciani” è pienamente utilizzabile: anzitutto, i dati sono “conformi” sia da un punto di vista “formale” sia “sostanziale”: “formale” in quanto ottenuti nell’ambito di un regolare procedimento di scambio di informazioni tra autorità fiscali nazionali; “sostanziale” in quanto l’ordinamento italiano nazionale non prescrive alcun obbligo di verifica di autenticità, provenienza e riferibilità dei dati medesimi a carico dell’autorità fiscale italiana che li riceve. In secondo luogo, è del tutto irrilevante che Hervé Falciani abbia eventualmente compiuto illeciti penali nell’ottenere i dati: l’illecito penale, infatti, “si colloca a monte dell’azione dell’Ufficio fiscale (francese)”, che poi ha trasmesso i dati all’autorità italiana; la reciproca indipendenza degli ordinamenti nazionali, poi, determina l’irrilevanza in Italia delle pronunce dei giudizi stranieri che abbiano eventualmente dichiarato inutilizzabile la lista.

 

Da ultimo, l’utilizzo dei dati non ha nemmeno leso alcun diritto costituzionalmente garantito: né il diritto alla riservatezza né il diritto alla difesa e al giusto processo. Inoltre, il contenuto della lista costituisce un semplice indizio nel processo tributario e il giudice, in quanto tale, è tenuto a tenerne conto: infatti, secondo la Cassazione, “anche un solo indizio può risultare già di per sé idoneo a giustificare la pretesa fiscale”. L’effetto, dunque, è quello di un colpo di spugna con il quale sono stati definitivamente spazzati via i principali motivi di difesa addotti in questi anni dai contribuenti.