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Addio ai costi black list. E i Paradisi Fiscali...

12/23/2015 | Facchini Rossi Soci – Studio Tributario Associato

Con un emendamento al Disegno di legge di Stabilità 2016, il Governo ha inteso sopprimere il regime di indeducibilità dei costi black list e semplificare il regime delle Controlled Foreign Companies.


Con un emendamento al Disegno di legge di Stabilità 2016, il Governo ha inteso sopprimere il regime di indeducibilità dei costi black list e semplificare il regime delle Controlled Foreign Companies.

Costi black list. Dopo essere stato mitigato a settembre dal Decreto c.d. “Internazionalizzazione” (D.Lgs. n. 147/2015), il regime di indeducibilità dei costi sostenuti con fornitori residenti in Stati o Territori a regime fiscale privilegiato (art. 110, commi da 10 a 12-bis del TUIR) verrebbe ora definitivamente abrogato. Tutti i costi provenienti dall’estero – a prescindere dalla residenza white list o black list del fornitore – diventerebbero deducibili secondo gli ordinari criteri previsti per i costi di fonte “nazionale” (inerenza, certezza ed effettiva determinabilità).

CFC. L’emendamento governativo modifica anche la disciplina delle CFC. Anzitutto, è abolito ogni riferimento alle liste dei Paesi black list e viene introdotto il riferimento al regime fiscale “privilegiato”, che è definito tale quando prevede un tax rate inferiore al 50% rispetto a quello italiano. E’ rilevante evidenziare che il confronto va fatto sulla base dell’aliquota nominale e non su quella effettiva. In secondo luogo, i regimi fiscali degli Stati UE e degli Stati SEE con scambio di informazioni non sono mai considerati privilegiati, a prescindere dal tax rate applicabile. Resta ferma l’applicazione della disciplina CFC alle società residenti o localizzate in Paesi extra-UE/SEE con scambio nel caso in cui le medesime conseguano passive income e il relativo effective tax rate sia inferiore alla metà rispetto a quello italiano. Da ultimo, l’emendamento modifica laliquota minima di tassazione del reddito imputato per trasparenza: l’aliquota, infatti, passa dal 27% a quella ordinaria IRES (che attualmente è pari al 27,5%, ma che, in futuro, in base ai progetti di riduzione dell’IRES, dovrebbe scendere al 24%).

Le modifiche dovrebbero rendere economicamente più attrattiva l’Italia per gli investitori esteri e si giustificano anche sulla base della continua adesione delle giurisdizioni estere agli standard OCSE sullo scambio di informazioni, che hanno comportato un progressivo “svuotamento” delle black list.

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