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Partecipazioni in successione, spunta l'ipotesi di un bilancio straordinario

1/27/2016 | Russo De Rosa Associati - Studio Legale e Tributario

La Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alle modalità di determinazione del valore delle partecipazioni in società non quotate, ai fini dell’imposta di successione.


Con la sentenza n. 25007 dell’11 dicembre 2015 la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alle modalità di determinazione del valore delle partecipazioni in società non quotate, ai fini dell’imposta di successione.

 

In conformità a quanto disposto dall’art. 16, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 346/90 (testo unico delle norme in materia di imposta sulle successioni e donazioni), il valore delle partecipazioni al capitale di società non quotate deve essere individuato nel “valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti”. 

 

La Cassazione ha stabilito che la determinazione del valore del patrimonio netto della società le cui quote/azioni sono oggetto di successione deve avvenire sulla scorta di un vero e proprio bilancio “straordinario” infrannuale, che deve essere regolarmente approvato ai sensi degli artt. 2364 e 2435 C.C..

 

Nel caso di specie (trattasi della successione del noto stilista Gianni Versace), il valore dichiarato ai fini della successione si basava invece su un documento che non era stato oggetto di approvazione da parte dell’assemblea dei soci e che, rispetto all’ultimo bilancio di esercizio pubblicato, recava un patrimonio netto di minore entità per effetto della distribuzione di dividendi avvenute anteriormente alla morte del de cuius, ma successive alla chiusura del bilancio di esercizio. 

 

Secondo la Cassazione il patrimonio netto così calcolato non può essere preso come base imponibile dell’imposta di successione, così invece come sostenuto dall’erede, in quanto il riferimento di legge all’ultimo bilancio pubblicato non ammette correttivi non supportati normativamente. Inoltre, la Suprema Corte ha ritenuto che non possano essere valutati come “mutamenti sopravvenuti”, le distribuzioni di utili e dividendi imputati alle riserve. 

 

La sentenza desta perplessità non tanto per le modalità richieste al fine di evidenziare il diverso valore della partecipazione rispetto all’ultimo bilancio di esercizio (bilancio “straordinario” infrannuale, regolarmente approvato) quanto per il fatto che, nel caso di specie, pur in assenza di un bilancio avente le suddette caratteristiche, non era ravvisabile alcun intento elusivo.

 

Il minor valore del patrimonio netto scaturiva, infatti, da distribuzioni di dividendi già deliberate prima del decesso dello stilista, che ne avevano incrementato il patrimonio liquido, poi caduto in successione.

 

Al di là del rigore formale richiesto per evidenziare i mutamenti sopravvenuti, non consentire la “sterilizzazione” dal valore del patrimonio netto della società partecipata di quanto distribuito a titolo di dividendi può dare luogo ad una doppia imposizione.

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