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MiFID II, the day after

1/19/2019 | Emanuele Carluccio*

il bilancio a un anno dall’entrata in vigore della direttiva non è sempre positivo. E sin dai primi mesi del 2019 il cliente potrà conoscere in valori assoluti i costi dei prodotti e della consulenza.


Le novità introdotte dalla MiFID II avrebbero dovuto costituire un salto in avanti non banale nel grado di tutela offerto all’investitore sia grazie ad un innalzamento dei requisiti richiesti, in termini di conoscenze e competenze, al personale addetto a tale servizio, sia in termini di maggiori vincoli imposti agli intermediari nel processo di product governance, nella gestione dei rebates rivenienti dalle società prodotto, negli obblighi di maggiore trasparenza sul costo dei prodotti e sulla remunerazione del servizio. Ad un anno, o quasi, dall’entrata in vigore di tali novità si può dire che qualcosa è effettivamente, al momento, cambiato? Per rispondere ad una simile domanda, prendiamo le mosse dalle modalità con le quali il regolamento intermediari emanato da Consob nel febbraio del 2018 ha recepito - o meno - le linee guida emanate dall’Esma, alla fine del 2015, in materia di assessment of knowledge and competences. 

 

I REQUISITI

Rispetto al primo documento posto in consultazione da Consob a fine 2016, il testo finale del regolamento intermediari ha risentito, a parere di chi scrive, in misura non banale delle forti pressioni, esercitate dai singoli intermediari e/o dalle loro associazioni di categoria, finalizzate a ridurre/contenere i costi di assessment, di formazione e di certificazione delle competenze che l’impostazione seguita da Consob nella prima bozza posta in consultazione avrebbe sicuramente richiesto/comportato. Pretendere, infatti, che coloro che offrono il servizio di consulenza in materia di investimenti potessero continuare ad offrire tale servizio solo a condizione che fossero in possesso di un titolo di studio o di una qualifica adeguata (avere una laurea in materie economico-finanziarie oppure una laurea in altre discipline accompagnata da un master in materie economico-finanziarie o essere iscritti all’albo unico dei consulenti abilitati all’offerta fuori sede) risultando costretti, in caso contrario, a sottoporsi ad un programma di formazione (preferibilmente erogato da soggetti esterni e diversi dall’intermediario) e ad un successivo processo di certificazione delle competenze acquisite (a sua volta gestito, mediante la predisposizione di una adeguata prova d’esame, da un soggetto diverso sia dall’intermediario, sia dal soggetto impegnato nell’erogazione della formazione) avrebbe sicuramente costituito una prova di grande attenzione verso la clientela finale, ossia l’investitore, ma al tempo stesso avrebbe costretto gli intermediari - le banche in primis - ad un gravoso impegno, in termini economici, per l’organizzazione e per l’erogazione sia della formazione, sia della certificazione. 

 

LA “SANATORIA”

La soluzione finale di ridurre, da un lato, le pretese in termini di titoli di studio e/o di qualifica già detenuta e di attribuire, dall’altro, un peso non banale al periodo di esperienza già maturato nel settore della consulenza ha di fatto consentito di consolidare nella posizione di consulenti in materia di investimenti la stragrande maggioranza degli operatori del settore. A fronte di questa “sanatoria” iniziale, però, il regolatore ha ritenuto di poter/dover chiedere uno sforzo in termini di formazione continua imponendo, a tutti, un obbligo di 30 ore formative all’anno per rimanere aggiornati sulle novità normativo-regolamentari e sui nuovi prodotti e/o sulle nuove tecniche-politiche di investimento. 

 

IN EUROPA

Ma a livello europeo che soluzioni sono state adottate a fronte delle stesse linee guida emanate dall’Esma? L’osservatorio privilegiato di Efpa Europe, presente in 11 paesi europei con più di 60.000 professionisti certificati alla fine del 2018, ci ha consentito di predisporre un vero e proprio assessment sull’implementazione negli Stati membri dell’Unione Europea e il risultato ottenuto è stato alquanto deludente. Se l’obiettivo perseguito dall’Esma, infatti, era quello di giungere ad un innalzamento generalizzato delle best practices in materia di conoscenze e competenze del personale addetto al servizio di consulenza in materia di investimenti, si può sicuramente riconoscere che il traguardo non sia stato raggiunto. 

 

I MOTIVI DEL RINVIO

A fronte di pochi, anzi pochissimi, paesi europei in cui lo spirito iniziale del documento Esma è stato rispettato in toto o quasi, si registrano alcuni casi in cui o non si è ancora arrivati ad alcun testo regolamentare da parte dell’autorità locale o ci si è limitati, in altri casi, ad una mera adozione formale delle linee guida senza alcun regolamento attuativo in grado di darne concreta efficacia. Proprio a fronte di questo stato di assoluta disomogeneità, la stessa Esma ha ritenuto opportuno rinviare di un anno (dal marzo 2019, inizialmente fissato, al marzo 2020) il momento dell’inevitabile confronto con la Commissione Europea sullo stato di implementazione della MiFID II a livello di singoli paesi europei. La speranza è che, concedendo ai regolatori locali un arco temporale più prolungato, si possano registrare risultati non solo più incisivi ma, soprattutto, più omogeni fra loro. 

 

LA DISCLOSURE SUI COSTI

Quale sarà la novità maggiore del 2019 per il nostro paese? Sicuramente il tema che animerà maggiormente il dibattito nel settore della consulenza finanziaria sarà la disclosure sui costi dei prodotti di investimento e dei servizi di consulenza. Mai come ora, infatti, il cliente sarà messo nella condizione di conoscere non solo il costo (in termini assoluti e percentuali) del singolo prodotto ma anche e, direi, soprattutto, di comprendere la quota parte di questo costo destinata a remunerare il servizio di consulenza o di collocamento dei prodotti stessi. 

 

LA PROFESSIONALITA'

Quali le inevitabili conseguenze? Si dovrà finalmente giustificare con la qualità del servizio - non tanto in sede di proposta iniziale quanto piuttosto nella fase di post vendita e la verifica nel durante del grado di adeguatezza a livello complessivo di portafoglio - la remunerazione richiesta e percepita. E ancora una volta il grado di professionalità e di preparazione del consulente potrà e dovrà fare la differenza.

* presidente EFPA Europe

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