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Credit Suisse: "Una bolla pronta a esplodere? Facciamo i conti"

6/17/2015 | pieremilio.gadda

Degli otto campanelli d'allarme da monitorare solo due destano qualche preoccupazione


“C'è una probabilità del 60/70% che si possa formare una bolla nei mercati azionari. Ma è ancora presto, perché solo due degli otto indicatori da monitorare suggeriscono un eccesso di euforia”. Così gli analisti di Credit Suisse rassicurano gli investitori sull'ipotesi di una fine imminente del mercato toro per le borse, partendo dalle lezioni della storia.

 

Sono otto i fattori che solitamente segnalano una bolla pronta ad esplodere: il primo è l'emersione di nuovi paradigmi ispirati a un'idea di unicità del contesto attuale: “It's different this time around, questa volta è differente”. Da questo punto di vista, per la banca svizzera non ci sono motivi di preoccupazione perché gli investitori sembrano rimanere focalizzati sui margini e la generazione dei flussi di cassa. Il secondo campanello d'allarme suona quando gli utili diventano irrilevanti e si abbandonano i criteri di valutazione tradizionali. “Non ci sembra, però, che questo sia un mercato che ha perso i contatti con la realtà dei fondamentali”, chiosano gli analisti di Credit Suisse.

 

Il terzo alert scatta quando si comincia a intravedere un premio al rischio azionario vicino a zero. Di nuovo, non è questo il caso: per gli Usa, è ancora sopra il 6% rispetto alle previsioni di consensus sugli utili per azione. Un drastico crollo nell'ampiezza del mercato è un altro fattore da tenere d'occhio: quando il gruppo di soggetti che guidano le performance sui listini è molto concentrato, è meglio essere cauti: accadde alla fine degli anni '90 durante la bolla tecnologica e con il giappone un decennio prima. “Da questo punto di vista non intravediamo, comunque, le condizioni per una bolla”. Al tempo stesso, comprare in un mercato in cui gli acquisti sono dominati dal retail è molto pericoloso: questo segmento tende a investire in base ai rendimenti passati anziché guardare alle valutazioni. “Se si escludono le azioni A del mercato cinese, la partecipazione dei retail ai mercati azionari è stata fino ad oggi estremamente contenuta”, rassicurano dalla banca svizzera.

 

A destare qualche preoccupazione, invece è l'attività di M&A, che tipicamente s'impenna otto mesi prima che le azioni raggiungano il picco: le operazioni di fusione e acquisizione in effetti sono aumentate sebbene non a livelli tali da giustificare timori eccessivi Il penultimo campanello d'allarme emerge quando i profitti indicati nel Nipa (national income and product account, parte del sistema di contabilità americana) cadono mentre gli utili per azione aumentano: “Da questo punto di vista, la situazione è preoccupante”, avvertono gli analisti della banca d'affari svizzera. “Ma il valore negativo dei profitti indicati nel Nipa è dovuto essenzialmente a un cambiamento nei sistemi di contabilità in materia di deprezzamento del capitale e, al netto di questo elemento, si ritrova il segno più”.

 

L'ultimo aspetto da analizzate è l'entità degli investimenti in capitale fisico. “Fino ad oggi, la ripresa economica nei Paesi sviluppati è stata capex light, non c'è da preoccuparsi”, concludono gli analisti. “Sintetizzando, solo uno e mezzo degli otto fattori chiave – M&A e profitti Nipa - suggeriscono un possibile avvicinamento ai picchi di mercato per le Borse”.

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