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La News
L’evoluzione del quadro normativo sta progressivamente prendendo atto del fatto che, in termini di tutela dell’investitore e di capacità distributive, il servizio di private banking possa essere considerato differente da un servizio d’investimento a disposizione della clientela retail.
Dall’essere un’attività dedicata dalle banche alle famiglie che dispongono di almeno 500.000 euro, il private banking si sta trasformando in una scelta strategica su cui i vertici delle banche hanno deciso di investire per assicurare un livello di servizio distintivo in termini di uomini, competenze, gamme di offerta e supporti operativi dedicati.
Questo cambiamento d’approccio in termini di investimento trae origine da diversi fattori tra i quali i principali riguardano l’evoluzione delle opportunità offerte dal mercato, i cambiamenti in atto nella clientela target, il ruolo ricoperto dalla tecnologia.
Le novità più significative in termini di evoluzione del mercato riguardano le scelte di collaborazione tra i diversi operatori. Spostando l’attenzione dai prodotti ai servizi, si chiude l’epoca dei confronti tra architetture chiuse e architetture aperte per aprire quella del valore aggiunto basato su accordi di collaborazioni tra gli intermediari. Le partnership o gli accordi di outsourcing spaziano dall’ingegneria finanziaria dedicata alle esigenze d’investimento di target di clientela che, pur non avendo competenze finanziarie elevate, può permettersi un’effettiva diversificazione di rischio di portafoglio, fino ad arrivare alla consulenza e al supporto per la product governance dei prodotti in gamma richiesta da Mifid II. Le scelte di collaborazione, e di outsourcing, porteranno quindi all’evoluzione del contesto competitivo che conosciamo oggi.
I cambiamenti relativi alla clientela, invece, dipendono tra le altre cose dal processo di trasparenza di cui la voluntary disclosure e gli accordi di scambi di informazioni tra gli stati rappresentano gli ultimi atti decisivi. La bassa propensione delle famiglie private a pianificare per tempo le scelte legate agli investimenti e alla trasmissione intergenerazionale del patrimonio costerà cara dal punto di vista fiscale. Il monopolio dei professionisti fiscali, come unici interlocutori del cliente su questi argomenti, viene oggi progressivamente intaccato, nell’interesse del cliente stesso e in una logica win-win per le banche ed i commercialisti, dagli operatori finanziari attivi in ambito di pianificazione e wealth management che hanno saputo trovare un equilibrio tra i costi da sostenere per erogare un servizio a valore aggiunto e la disponibilità dei clienti a pagare una fee adeguata.
La tecnologia, infine, rappresenta la sfida più complessa. Il driver di spesa del budget annuale dedicato ad essa è storicamente quello dell’adeguamento all’evoluzione normativa. La frequenza e l’intensità delle novità sta mettendo a dura prova questa prassi consolidata nel settore. In aggiunta, comincia a pesare l’effetto benchmark rispetto ai risultati ottenuti dagli operatori che hanno deciso di spostare “dalla norma al cliente” il driver principale d’investimento, in alcuni casi ponendosi prevalentemente obiettivi di efficienza, in altri di trasparenza e dialogo con il cliente.
I fenomeni evidenziati dimostrano come, sebbene il ruolo chiave della relazione tra cliente e banker non venga minimamente messo in discussione, la gestione del cost to serve e l’ottimizzazione del pricing assumano rilevanza crescente e rendano ormai difficile difendere un approccio troppo conservativo che concentra ogni cosa su di un’unica figura professionale.
Se il mercato di riferimento cambia, l’associazione di categoria non può non tenerne conto. Se il servizio di private banking diventa più importante e più complesso, le attività svolte a servizio degli associati e in rappresentanza del settore evolvono ampliando il perimetro di osservazione e sviluppando ulteriori partnership. L’implementazione della normativa richiede sempre di più tavoli di lavoro e di confronto multidisciplinari per una valutazione e gestione degli impatti che prendano in considerazione contemporaneamente i controlli di compliance, le strategie distributive, le ricadute sulla formazione degli uomini e le esigenze per la gestione dell’operatività.
Se il mercato di riferimento cambia e l’associazione di categoria affronta sfide più complesse, il Private Banking Forum, l’undicesimo ormai, non può certamente replicare ed è quasi obbligato ad innovare. Dal Magna Pars, con una platea di 200 persone, al Barclays Teatro Nazionale (vedi box in pagina).
Dai testimonial del Private Banking italiano al confronto con i modelli internazionali.
Da incontro riservato agli operatori professionali, all’apertura a quella clientela finale che desidera conoscere il mondo degli investimenti, le opportunità a disposizione e le cautele da non trascurare per fare scelte consapevoli.
Per essere coerenti infine con il ruolo della tecnologia, volendo rispettare il tempo così prezioso di ogni professionista del settore, verrà dedicata un’attenzione speciale a chi non potrà essere presente di persona ed avrà a disposizione una piattaforma streaming dedicata per seguire gli interventi in diretta.
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26/10/2015
Private: dai prodotti, ai servizi con nuovi partner
di Maurizio Zancanaro (Banca Aletti)
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