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Brexit, sterlina barometro di incertezza

2/24/2016 | Stefania Pescarmona

Secondo Tinsley (Ubs) ci sarà “un ulteriore significativo potenziale downside della valuta inglese”. Quanto all'esito del referendum, in caso di uscita, conseguenze diverse a seconda della modalità


Mentre il referendum sulla Brexit è sempre più vicino ed è stato fissato per il 23 giugno, “è la moneta il barometro principale di incertezza”. A parlare è David Tinsley, economista di Ubs, che crede “ci sia un ulteriore significativo potenziale downside per la sterlina”. Il fatto è che accanto alle implicazioni di lungo termine, l'incertezza rischia di aumentare nel periodo che precede il voto. Dal punto di vista del mercato, il più probabile barometro di incertezza è la moneta, ma “tale incertezza offre anche qualche rischio per l'economia, in termini di decisioni scontate da parte delle imprese a pianificare e investire”.

 

Il 23 giugno, quindi, gli elettori britannici saranno chiamati a votare per il referendum sulla permanenza o meno del Regno Unito nell'Ue. Ora, con l'accordo tra il Regno Unito e l'Unione Europea e la data fissata del referendum, i mercati hanno un più chiaro scenario su cui elaborare una view sulle implicazioni del voto imminente. “Eppure è troppo presto per dire se le tendenze post-accordo si stanno sviluppando nei sondaggi”, prosegue Tinsley, che ribadisce che l'incertezza che permane può avere un impatto sia sui mercati finanziari sia, potenzialmente, sulla più vasta economia. In ogni caso, considerando che la campagna referendaria ufficiale dura solo dieci settimane precedenti al voto, è improbabile che ci sia, da ora, una lunga pausa.

 

Ma cosa garantisce l'accordo? Il deal esonera la Gran Bretagna da “una unione sempre più stretta” e impegna a perseguire un programma per la competitività e la deregolamentazione. Più significativamente, l'accordo offre al Regno Unito alcune misure di salvaguardia circa il timore che le economie della zona euro possano votare regolamenti finanziari contrari agli interessi del Regno Unito. Esso prevede inoltre un meccanismo attraverso il quale i parlamenti nazionali sono in grado di fermare le politiche che vedono in contrasto con i principi di sussidiarietà.

 

Una cosa è certa, se il Regno Unito dovesse votare di lasciare l'Unione Europea, le conseguenze per l'economia britannica nel lungo termine dipenderebbero dalla natura dell'uscita. “Un'uscita morbida, in cui il Regno Unito mantiene gran parte dell'accesso al mercato dell'Ue, così come ha attualmente, sarebbe considerevolmente meno negativa dal punto di vista del Pil di un'uscita dura, in cui l'accesso al mercato è stato molto più limitato”, conclude l'economista di Ubs.

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