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Pronti ad essere il terzo Polo

3/22/2017 | Francesco D'Arco (*)

Con i Pir, gli investitori possono accedere ad una asset class di eccellenza: le PMi. Intervista a Ugo Loser, amministratore delegato di Arca Fondi SGR


L’industria dell’asset managemen è pronta a svolgere il ruolo di terzo polo del sistema finanziario globale. E i Pir sono lo strumento ideale per dimostrarlo”. Ne è convinto Ugo Loser, (nella foto), amministratore delegato di Arca Fondi SGR, che spiega AP perché le PMI sono una asset class “d’eccellenza”.

 

Si parla sempre più spesso di asset manager come attore importante per rilanciare l’economia reale. Non è un appello che rischia di snaturare l’industria?

I numeri registrati dall’industria dell’asset management a livello globale hanno dimostrato la centralità di questa industria che diventa, a tutti gli effetti, il terzo polo del sistema finanziario. Accanto a banche e assicurazioni oggi ci sono anche gli asset manager che in Italia ormai gestiscono circa il 50% della ricchezza finanziaria complessiva: qualcosa come 2.000 miliardi di euro. Trovo naturale che una massa così importante di risparmio sia rivolta anche a favore dello sviluppo economico e della crescita del mercato dei capitali, naturalmente con diversificazione e gestione professionale del rischio.

 

Un ruolo che non è però esente da rischi?

Diventando un soggetto così rilevante per l’economia mondiale, il settore dell’asset management deve, a mio avviso, prestare ancora più attenzione al tema della governance e della sostenibilità del business. Ma mi sento anche di affermare che da questo punto di vista l’industria è già pronta a svolgere un ruolo di terzo polo. In primo luogo, a differenza del mondo bancario, gli asset manager per loro natura hanno una logica “internazionale”. Sono operatori che gestiscono i propri patrimoni investendo a livello globale e questa elevata diversificazione li rende inevitabilmente più solidi. In secondo luogo siamo attori che non possono tradire le aspettative degli investitori, in nessun momento. Se “promettiamo”, ad esempio, di rispettare un determinato profilo di rischio per un fondo, non possiamo non mantenere la “promessa”. Non dimentichiamo che gli asset manager investono il patrimonio di terzi e questo pone agli attori del mercato obblighi più elevati rispetto ad altri soggetti finanziari. Al contrario di banche e assicurazioni, gli asset manager sono soggetti quotidianamente alla valutazione del mercato: la presenza di una banca depositaria, da un lato, e la visibilità quotidiana delle performance degli strumenti collocati sul mercato, dall’altro, sono due esempi della grande trasparenza a cui è soggetta questa industria.

 

Una trasparenza che probabilmente ha spinto le autorità a dare il via libera ai Piani Individuali di Risparmio. Ora però bisognerà convincere gli investitori a credere nel mondo delle PMI, una asset class che per molti è ancora in crisi?

Personalmente non credo che questo sia assolutamente vero. Il mondo delle PMI non è un mondo in crisi. Anzi. Se guardiamo la differenza di performance tra strumenti focalizzati esclusivamente sul Ftse MIB e strumenti, come Arca Economia Reale Equity Italia, che investono in titoli non quotati al Ftse MIB, troviamo differenze di performance di quasi 10 punti percentuali l’anno a favore di questi ultimi. Numeri che confermano che il mondo delle PMI è il mondo dell’eccellenza italiana. Un paniere composto da tante realtà leader in settori di nicchia che, spesso, vantano quote di mercato importanti anche a livello globale. Stiamo parlando di aziende “iper-profittevoli” che, in una fase storica in cui scarseggia il credito, hanno cercato sul mercato i finanziamenti necessari per crescere. E lo hanno fatto offrendo rendimenti straordinari agli investitori. Per questo sono convinto che i Pir siano l’occasione per concentrarsi non più sull’80% del mercato, che subisce gli alti e basi dell’economia globale, ma su quel 20% che è andato estremamente bene nel recente passato e che ha ancora molto da offrire. I Pir sono l’occasione giusta per investire in queste eccellenze ma anche per educare il risparmiatore a un approccio agli investimenti di lungo periodo. Da questo punto di vista è chiaro come l’incentivo fiscale a 5 anni sia una soluzione intelligente per evitare, ad esempio che i cosiddetti “behavioral bias” possano limitare l’orizzonte temporale dei clienti e fargli prendere decisioni sbagliate perché troppo influenzati dalla volatilità giornaliera dei mercati. [...]

 

(*) Estratto dell'articolo pubblicato su AdivsorPrivate N6 di Marzo-Giugno 2017

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