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Coronavirus, le banche pagano il prezzo più alto

3/6/2020 | Daniele Riosa

Il wealth management di Banca del Piemonte sottolinea che “per definizione gli istituti di credito sono esposti a leva sull’economia e quindi i loro attivi potrebbero essere soggetti a svalutazioni”


“Il prezzo più alto viene pagato dal settore bancario a causa dei fattori contrari che giocano contro in questa fase: per definizione le banche sono esposte a leva sull’economia (che potrebbe subire un grosso contraccolpo dall’epidemia) e quindi i loro attivi potrebbero essere soggetti a svalutazioni (aumento delle difficoltà finanziarie e dei default aziendali); inoltre il margine di interesse è colpito dal bassissimo livello dei tassi, dall’appiattimento delle curve e dal possibile calo della domanda di prestiti. Assume infatti toni preoccupanti il calo dell’Eurostoxx banks ai minimi dagli anni ’90”. Il report settimanale dei mercati, proposto dal wealth management di Banca del Piemonte, mette in evidenza i fattori che rendono le banche ancora più esposte di altri agli effetti del diffondersi del Coronavirus.

“Quello che si percepisce sul mercato – sottolineano gli analisti - è che il solo taglio dei tassi da parte della Fed sembra non bastare. La richiesta sembra più essere quella di avere accesso a liquidità a breve illimitata in base alle occorrenze del momento. Sul mercato dei repo americani sembra esserci un problema di carenza di liquidità a breve, con domanda spesso superiore di molto ai fondi offerti. Anche nel 2008 la Fed tagliò inizialmente i tassi in maniera feroce (manovre convenzionali), ma le Borse continuarono a calare (circa il 40%) prima che la Banca Centrale si buttasse poi sul QE (manovre non convenzionali) per risolvere i problemi di liquidità ed i mercati iniziassero il trend al rialzo decennale”.  

La crisi odierna “è però ben diversa da quella del 2008: all’epoca la crisi ebbe origini e cause finanziarie, mentre questa è esclusivamente macroeconomica, dal momento che il fattore di turbolenza è rappresentato da uno shock contemporaneo sia dal lato dell’offerta (blocco della produzione) che della domanda a causa del Coronavirus e degli effetti delle misure contenitive messe in campo dai diversi governi. L’utilizzo di manovre convenzionali potrebbe quindi condurre la Fed allo stesso errore del 2008, poiché si rivelerebbero del tutto inefficaci in questo contesto alla luce dei livelli già bassi dei tassi di interesse”.

Proprio per questo “la richiesta dei mercati, con la pressione sui listini azionari, potrebbe essere quella di manovre di altro tipo, incentrate soprattutto su iniezioni permanenti ed illimitate di liquidità a breve termine. Non si esclude però che si possa celare anche la richiesta di un altro tipo di manovre quali iniezioni di liquidità a più lungo termine tramite una specie di QE in ‘stile’ Boj. Questo ‘Qualitative and Quantitative Easing’ (detto QQE in Giappone) prevedrebbe un controllo della curva dei tassi (fissazione di obiettivi di tasso più o meno espliciti su determinati segmenti di curva) con conseguente controllo sia del livello che della pendenza, ed acquisto di asset in aggiunta ai bond, come ad esempio gli ETF azionari, anche se al momento sembra a tutti noi fuori portata. Il confronto fra i mercati e la Fed è agli inizi ed i primi stanno premendo per ottenere iniezioni di liquidità, in una disputa che comporterà altissima volatilità con rapidi rimbalzi alternati a cali ugualmente ripidi. All’approssimarsi dell’adozione di queste misure iniettive (se e quando mai vi saranno) potremmo assistere ad un cospicuo deprezzamento del dollaro”. 

“Alla luce della contrazione del costo della copertura come non si vedeva da anni, potrebbe non essere una cattiva idea quella di coprire il cambio USD negli investimenti di portafoglio in valuta diversa da Euro”, conclude il report di Banca del Piemonte.

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