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Viganò (Mediobanca): è il private banking a mantenere nel tempo la relazione con l'imprenditore

11/29/2023 | Daniele Barzaghi

"In passato il private banker era solo un venditore di asset management mentre oggi si parla anche dell’impresa e per questo serve offrire una formazione adatta a ‘nuovi private banker’" ha aggiunto il responsabile private banking di Mediobanca


Il private banking è la struttura della banca che maggiormente si relaziona con il cliente, con un media di 14 incontri annui.

 

“Questo dato è vero anche nel caso degli imprenditori” ha confermato Angelo Viganò, responsabile private banking di Mediobanca, durante la tavola rotonda “Il valore della consulenza all'imprenditore” tenuta in occasione del XIX Forum Aipb e moderata dall’avvocato Leo De Rosa.

 

“Nella relazione quotidiana è il private banker che mantiene un rapporto diretto con i proprietari delle aziende e lo mantiene per molto tempo. Diverso è il ruolo del corporate & investment banking che generalmente si relazione con il responsabile finanziario delle società e non necessariamente con l’investitore” ha proseguito Viganò.

 

In passato il private banker era solo un venditore di asset management mentre oggi si parla anche dell’impresa e per questo serve offrire una formazione adatta a ‘nuovi private banker’. E Aipb sta dando un grande contributo anche per la preparazione dei banker più anziani che hanno iniziato la carriera molti anni fa, partendo spesso dai borsini titoli”.

 

 

Siamo in una fase di transizione economica globale e per questa trasformazione gli imprenditori hanno bisogno di finanziamenti, per la gioia degli operatori finanziari” ha preso la parola, con ironia, Paolo Gerardini, vicepresidente di Assolombarda con delega per Credito e Finanza. “La filiale bancaria non è più sufficiente per questo; bisogna operare su altra scala. Servono capitali privati. Il Pnrr può essere un boost straordinario ma non basta”.

 

“La quotazione è una via importantissima ma non è l’unica” ha evidenziato Gerardini. “Abbiamo visto casi di società entrate in borsa per poi uscirne, perché magari sono stati introdotti nel mercato strumenti nuovi di finanziamento. È bene ricordare che se non creiamo ricchezza non creiamo opportunità: è un tema di ascensore sociale”.

 

“Un 10% degli imprenditori in Italia chiede finanziamenti anche se non ne ha bisogno” ha segnalato Fabio Bernasconi, vice-capo dipartimento Tutela della clientela ed educazione finanziaria di Banca d’Italia. “E questo dato si riduce molto al crescere delle competenze finanziarie degli imprenditori. Durante la pandemia è stata evidente ad esempio la differenza tra chi ha saputo accedere ai meccanismi di supporto dello Stato e chi no”.

 

Le competenze hanno naturalmente ricadute positive sulla gestione finanziaria dell’azienda” ha aggiunto sottolineando come l’educazione finanziaria sia uno dei compiti principali affidati a Banca d’Italia. “La dimensione sanzionatoria o gli esposti sono armi spuntate se gli investitori non conoscono i propri diritti e doveri finanziari”.

 

“Abbiamo lanciato programmi per le scuole, per le donne, per i migranti e per i fragili, e non potevano mancare percorsi relativi alla gestione del debito o alla capacità di accedere a finanziamenti esterni, attraverso un’analisi e reportistica chiara”.

 

Il livello di competenza finanziaria degli imprenditori è estremamente basso, ed è minore rispetto a quello degli altri Paesi sviluppati, come segnalato da un’indagine Ocse del 2021. In più abbiamo un panorama unico di microaziende, con meno di 10 addetti ciascuna, che cumulativamente occupano il 40% della forza lavoro nazionale”.

 

“Per la nostra divisione, che complessivamente non arriva a 100 persone, è fondamentale la cooperazione con operatori privati come le banche e abbiamo già avuto 5.000 piccoli imprenditori che hanno seguito i nostri primi quattro corsi: Relazione con banca e intermediari; Crisi dell’impresa; Centrale di rischi e sistemi di pagamento e di autotutela; Gestione finanziaria dell’impresa”.

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