Saira Malik, cio di Nuveen: “Le società di private equity...
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20/07/2016
Lex & The City - Partecipazioni, clausole statutarie al vaglio del notariato
di Gianmarco Di Stasio - Russo De Rosa Associati
Highlights- Presa di posizione sulle clausole di stabilità degli assetti societari nella S.r.l., strumento tipico per holding di famiglia e investimenti effettuati da un ristretto numero di soci

La Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano è recentemente intervenuto (massima n. 152 del 17 maggio 2016) su una questione che sin dal 2004 (anno di entrata in vigore della riforma del diritto societario) è stata dibattuta. Si tratta della fondamentale norma dell’art. 2469, comma 2, del codice civile in materia di limiti alla circolazione delle partecipazioni sociali nella più diffusa forma societaria (la società a responsabilità limitata), strumento di predilezione per investimenti effettuati da un ristretto numero di soci e per le holding di famiglia.
Con tecnica redazionale infelice, la norma in questione stabilisce, in presenza di una clausola statutaria di intrasferibilità delle partecipazioni, che il socio abbia diritto di recedere dalla società, tuttavia al contempo consentendo agli statuti di stabilire un termine, non superiore a due anni, prima del quale il recesso non può essere esercitato.
Una prima lettura della disposizione è stata prudenzialmente orientata a riconoscere che lo statuto potrebbe impedire, senza il correttivo del recesso, la circolazione delle partecipazioni solo per un tempo massimo di due anni; decorso il biennio, il socio soggetto ad una clausola di intrasferibilità (quale che ne sia la portata) potrebbe sempre recedere.
Ritiene tuttavia la Commissione Società, a nostro avviso correttamente, che dovrebbe costituire causa di recesso solo la clausola di intrasferibilità assoluta, che vieti cioè la circolazione della partecipazione senza limiti e senza eccezioni.
La diversa interpretazione finora invalsa finisce in effetti per creare un quadro normativo poco coerente. Ciò appare evidente se solo si analizza il regime di trasferibilità delle partecipazioni sociali dei diversi tipi delle società lucrative.
Nelle società di persone, il regime legale prevede l'intrasferibilità delle partecipazioni, salvo il consenso degli altri soci (Cfr. art. 2252 del codice civile). Nelle società azionarie, viene espressamente concessa all'autonomia statutaria di impedire del tutto l'alienazione delle azioni, purché in via temporanea, entro il limite massimo di 5 anni (Cfr. art. 2355-bis del codice civile).
Sarebbe dunque singolare, secondo la Commissione, che alla società a responsabilità limitata, cui il legislatore della riforma ha attribuito maggiore autonomia statutaria rendendola così più vicina ai tipi delle società di persone, fosse consentito di imporre ai propri soci un divieto di trasferimento solo per massimi 2 anni, oltre i quali opererebbe senz’altro la facoltà di recesso ad nutum (i.e., senza motivazione e senza preavviso) a favore di tutti i soci destinatari del divieto statutario.
La possibilità di introdurre divieti anche più lunghi di 2 anni (e anche più lunghi di 5 anni), senza incorrere nella assai gravosa conseguenza del recesso ad nutum, è pertanto funzionale a realizzare una maggiore fungibilità del modello, nei casi in cui i rapporti personali tra i soci, specie nell’ambito di un nucleo ristretto di investitori o di un gruppo famigliare, richieda il mantenimento della compagine sociale iniziale, almeno per un determinato periodo di tempo. Dunque, secondo la Commissione, non costituirebbero causa di recesso, ad esempio, un divieto temporaneo di trasferimento delle partecipazioni sociali ovvero clausole che facessero divieto di trasferire solo parte della partecipazione posseduta imponendo il necessario trasferimento dell'intera partecipazione o che prevedessero il trasferimento solo a favore di determinate categorie di soggetti. Attenzione tuttavia deve essere prestata a quelle clausole di intrasferibilità che, alla luce degli specifici assetti esistenti in una determinata società (si pensi alle disposizioni sull'oggetto sociale o sulla durata) possano o debbano essere lette, in un'ottica più sostanzialistica, come clausole di intrasferibilità assoluta, anche se formalmente impongano solo una limitazione relativa.
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