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10/9/2019 | Stefano Massarotto – Facchini Rossi Michelutti Studio Legale Tributario
Alcune recenti risposte dell’Agenzia delle entrate hanno riacceso il dibattito sulla qualificazione fiscale del trust, e sulla capacità dello stesso di costituire un autonomo soggetto passivo d’imposta, distinto dai disponenti e dai beneficiari, e non un soggetto inesistente dal punto di vista fiscale.
Con la Risposta ad interpello n. 381 del 2019, l’Amministrazione finanziaria si è occupata di un trust il cui atto istitutivo attribuisce taluni poteri al disponente: in particolare, il diritto di attribuzione di diritti di credito al coniuge.
Per l’Amministrazione finanziaria, a prescindere dal fatto che il trust in oggetto possa perseguire un interesse meritevole di tutela e risulti compatibile con le regole e i principi stabiliti dal sistema giuridico privatistico, ai fini fiscali, “affinché un trust possa essere qualificato soggetto passivo ai fini delle imposte sui redditi costituisce elemento essenziale l’effettivo potere del trustee di amministrare e disporre dei beni a lui affidati dal disponente”.
Conseguentemente, poiché il disponente ha il potere di attribuire diritti di credito al coniuge, per l’Agenzia delle entrate il trust è inesistente. Per l'effetto di ciò, i redditi formalmente prodotti dal trust devono essere imputati in capo al disponente.
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