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Banche europee, profitti su del 7% nel primo trimestre

8/25/2020 | Daniele Riosa

Secondo McKinsey si troveranno ad affrontare tre sfide: crescenti pressioni sui ricavi e sui profitti, un’accelerazione della domanda di servizi digitali e il passaggio al lavoro a distanza


Pressioni sui ricavi e sui profitti derivanti dalle incertezze causate dalla crisi dovuta alla diffusione del Coronavirus, accelerazione della domanda di servizi digitali da parte dei clienti e il passaggio al lavoro a distanza. Queste sono le tre sfide che le banche europee dovranno affrontare nel prossimo futuro secondo il report di McKinsey dal titolo The future of private banking in Europe: Preparing for accelerated change, che analizza l’andamento del comparto Private Banking in Europa nel 2019 e nel primo trimestre del 2020. Per far fronte a queste sfide, gli istituti di credito devono rapidamente ripensare il servizio offerto ai clienti e fornire loro un’esperienza unica grazie alla tecnologia, riconfigurare il modello operativo e introdurre uno scopo sociale nelle loro scelte di business. 

Nel frattempo alcuni passi in avanti sono già stati fatti. Lo studio evidenzia, infatti, come la pandemia abbia sostenuto i cambiamenti già in atto nelle aspettative dei clienti e dei dipendenti che, uniti alle pressioni storiche preesistenti nel settore, richiedono un’accelerazione della sua trasformazione.

Passando ai numeri si vede come il mercato del Private Banking nel 2019 abbia confermato un trend decennale di compressione dei margini di profitto e dei ricavi, aumento dei costi più rapido dei ricavi e aumento del rapporto costi/ricavi (C/I). Dunque, nonostante l’ulteriore crescita degli asset under management (AUM) provenienti dai mercati in ascesa, i profitti sono diminuiti per il secondo anno consecutivo.

I pool di profitti del private banking in Europa occidentale sono scesi dell’1,5% a 13,3 miliardi per il 2019, rispetto ai 13,5 miliardi dell’anno precedente. Allo stesso tempo, il margine di profitto aggregato è sceso al minimo storico in 12 anni, a 21 bps di AUM dai 22 bps nel 2018 (era 35 bps nel 2007). La raccolta netta nel 2019 ha raggiunto il 2% dell’AUM come nel 2018, anche se i mercati favorevoli hanno consentito una crescita complessiva dell’AUM del 10%. Tra il 2015 e il 2019, i nuovi flussi in entrata sono stati positivi ma relativamente bassi, con una media del 2,5% dell’AUM rispetto alla media del 5,8% realizzata tra il 2004 e il 2008.

I margini di ricavo hanno continuato la loro tendenza al ribasso, scivolando al minimo storico in 12 anni, a 73 bps di AUM rispetto ai 75 bps del 2018 (e ben al di sotto dei 96 bps del 2007). Nel 2019 i costi complessivi hanno continuato a crescere in linea con i ricavi, ma i margini di costo sono scesi a 52 bps da 53 bps dell’anno precedente. Questa incapacità di controllare i costi nonostante la pressione sui ricavi ha portato il rapporto C/I del 2019 a raggiungere il 71%, un punto percentuale in più rispetto al 2018, e il livello più alto dal 2012.

In termini di modelli di business, le banche onshore hanno continuato a superare gli istituti offshore in termini di flussi in entrata con il 2% nel 2019 contro l’1% per le controparti offshore, principalmente a causa dei cross referral. Il rapporto mette in luce come le dimensioni contino ancora per realizzare profitti: su quasi tutti i parametri finanziari, i booking center con AUM inferiori a 10 miliardi di euro continuano ad essere in ritardo rispetto ai booking center con AUM superiori a 30 miliardi di euro. I booking center più piccoli hanno registrato un rapporto Cost/Income in media del 99%, più del doppio rispetto ai loro omologhi più grandi. Il rapporto di costo più basso delle strutture di private banking delle banche universali onshore - con un rapporto C/I del 53% - le rende le più redditizie, mentre le banche private indipendenti onshore hanno continuato a registrare i più alti flussi netti e i più alti margini di guadagno.

Nel primo trimestre del 2020 le private bank europee hanno avuto un inizio di tenuta rispetto ad un 2019 deludente, grazie ad una attività di trading in aumento mentre la crisi legata al Covid prendeva piede. Sebbene gli AUM siano scesi del 10% e i margini si siano ridotti in conseguenza dell’impatto della crisi sui mercati, i profitti delle banche sono aumentati del 7%, raggiungendo i 14 miliardi di euro, pari ad un margine di 23 bps su base annua. I ricavi aggregati sono aumentati del 3% a 47 miliardi di euro, con un margine di 76 bps; mentre i costi sono aumentati del 2% a 33 miliardi di euro. Tuttavia l’aumento delle attività di intermediazione legate al Covid-19 ha mascherato un trend sottostante di diminuzione dei ricavi.

Infatti, i ricavi derivanti dall’intermediazione sono aumentati del 4% su base annualizzata dal 2019 e hanno ammortizzato una caduta del 2% nelle entrate derivanti dai mandati di investimento ricorrenti e dell’1% nell’attività bancaria. Inoltre, l’aumento di breve termine realizzato nelle attività di mandati di investimenti è stato il risultato della decisione dei clienti di spostare io 3% dei loro asset totali dall’equity alla liquidità, con tassi di interesse nulli o negativi. Proprio questo shift potrebbe creare una forte diminuzione delle entrate dai mandati di investimenti nei prossimi trimestri.
 

Relativamente al primo trimestre 2020, le persone intervistate da McKinsey hanno indicato tre principali azioni strategiche da attuare nei prossimi tre-sei mesi: valutazione generale dei loro portafogli di prodotti e degli investimenti tecnologici, riduzione dei costi di contingenza e sviluppo di nuovi prodotti. Si tratta di azioni ragionevoli volte alla soluzione delle sfide immediate della crisi di COVID-19 che dovrebbero sostenere un graduale ritorno al business. Tuttavia, il cambiamento dei comportamenti dei clienti e dei dipendenti, unito alle pressioni storiche preesistenti nel settore, richiede una trasformazione dalla base.

In conclusione, il report delinea le priorità strategiche per le banche private: in primo luogo, i dirigenti dovrebbero riconoscere la necessità di accelerare la trasformazione se vogliono prosperare, o addirittura sopravvivere, nel panorama post-pandemico. Per far fronte alle potenziali perturbazioni e alle sfide alla redditività, le banche dovranno porsi obiettivi chiari e ambiziosi per il loro futuro nella nuova normalità e aumentare concretamente il ritmo di esecuzione. Le banche dovranno anche azzerare la loro base di costi per incentivare futuri investimenti in nuove competenze, investire per massimizzare la produttività e stimolare la crescita dei ricavi.

Parallelamente, la costruzione di una cultura del miglioramento continuo è fondamentale, dato il ritmo della trasformazione nel settore del private banking nei prossimi anni. Dovranno inoltre rimanere flessibili, date le incognite che circondano lo sviluppo dell’attuale crisi.

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