Tempo di lettura: 4min

MiFID 2: “Mind the gap” tra banker e cliente

8/27/2018 | Sara Galli, key account manager, GfK Italia

Quali sono le sfide psicologiche che aspettano il private banker con l’introduzione di MiFID 2? Risponde Sara Galli, key account manager di GfK Italia, al suo debutto sulle colonne di Advisor Private.


MiFID 2 arriva nel quotidiano della relazione banca, banker e cliente finale, e l’offerta è chiamata a uscire dalla propria comfort zone, facendo emergere i potenziali spazi vuoti e trovando nuovi modi di relazionarsi con i clienti.

 

L’invito per tutti - istituzioni e banker – è chiaro e semplice: Mind the Gap! Un gap che deriva prima di tutto dalla digital transformation, che porta con sé entusiasmi, ma anche ansia e timori. Il tracking study GfK Private Banker Monitor, che da oltre 5 anni monitora la soddisfazione dei banker verso l’istituzione di riferimento, ha fotografato molto bene questo dualismo: lo sviluppo digitale genera una diffusa insoddisfazione, indipendentemente dalla tipologia di banker, dalle generazioni e dalla tipologia di istituto di riferimento, è una delle aree che soddisfa meno.

 

Ma la vera sfida per i banker sui binari di MiFID 2 sarà soprattutto psicologica. Dalle nostre evidenze, la principale preoccupazione dei banker sarà gestire psicologicamente i clienti. Un tema questo ancora poco battuto; in effetti, si discute molto degli effetti di MiFID 2 sull’evoluzione relazionale dei clienti, mentre si parla ancora poco delle conseguenze sui banker.

 

Una sfida decisiva sarà anche la capacità di gestire la propria tenuta psicologica. Basti fare un esempio: secondo gli studi GfK, la giornata tipo di un banker è dedicata per il 46% alla gestione dei clienti attuali, il 26% alle pratiche amministrative, il 13% alla formazione e il 15% alla ricerca di nuovi clienti.

 

Sarà interessante verificare se e come cambierà il time budget dei banker – tra obblighi formativi e necessità di accompagnare i clienti nel cambiamento – oppure se il meccanismo adattativo porterà ad una riorganizzazione veloce degli equilibri (con il rischio di un dispendio energetico elevato da parte del banker).

 

Un altro potenziale fattore di stress psicologico è dato dalla trasparenza dei costi, che costringerà il banker a dover dimostrare il proprio valore, per sostenere il value for money. Una sfida che richiederà un cambio di mentalità e una buona dose di self confidence e da parte dei banker.

 

I nostri studi sui clienti private ci dicono che la soddisfazione per il gestore degli investimenti è altissima, ma anche che il livello di soddisfazione è direttamente proporzionale alla capacità del banker di rispondere alle attese.

 

Oggi questo asset viene messo alla prova. I clienti private ci stanno dicendo che – nel caso dovessero realizzare che stanno sostenendo costi più elevati dell’atteso – prima di considerare l’ipotesi di cambiare banca (opzione comunque fortemente presente) mettono in conto una negoziazione con il proprio banker. Si aspettano che “il banker aggiusti le cose”, perché sono abituati a vederlo come un professionista che sta dalla loro parte e si aspettano che le cose continuino così anche in futuro.

 

Si tratta di un’eredità molto onerosa, gestibile solo se i banker saranno in grado di accorciare ulteriormente le distanze con i clienti, indirizzando le aspettative su ciò che il mercato può dare e allargando gli orizzonti, cogliendo a pieno la sfida del wealth management.

 

Oggi i clienti sono da una parte più preparati, dall’altra sono abituati non solo a fruire di prodotti, ma a vivere esperienze di prodotto. La consulenza del banker è oggi chiamata ad essere alveo in cui scorre l’esperienza del cliente bancario, dove non esistono più rendite di posizione, né dal punto di vista della persona, né del brand che rappresenta.

 

L’Industry sta lavorando già da alcuni anni sulla possibilità di creare nuove esperienze per il cliente private. Dal nostro punto di osservazione esterna, però, ci sembra che nell’ultimo periodo sia cambiato l’approccio: non più “gamma centrico” e di show off della capacità della banca di mettere a disposizione dei servizi, ma più maieutico e di capacità della banca e del banker di far emergere e rispondere ai bisogni dei clienti.

 

Di questi temi si è parlato molto, e in maniera innovativa, in occasione del Wealth Management Forum 2018, con un parallelismo provocatorio e - a nostro avviso - azzeccatissimo tra mondo del lusso e Private Banking. Oggi l’industry bancaria non può essere indifferente al fatto che il cliente che entra in banca è abituato a vivere esperienze di lusso in altri ambiti.

 

Esperienze non necessariamente esibitive, ma piuttosto basate sulla riservatezza, sulla cura in esclusiva, sulla capacità di stupire il cliente andando oltre il dovuto, cogliendo le opportunità dei servizi ausiliari che ruotano attorno all’offerta tradizionale e che sono più contigui alle esperienze di consumo dai clienti in altri settori.

 

Il cliente private – quindi – non può più essere considerato solo come portatore di un patrimonio finanziario, ma come attore di un patrimonio umano. Tutto ciò al di là di qualsiasi romanticismo, ma in ottica di sviluppo di business in ottica Wealth Management e chiusura degli spazi tra banca, banker e cliente.

Condividi

Seguici sui social

Advisor è la prima piattaforma interamente dedicata alla consulenza patrimoniale e al risparmio gestito con oltre 38.000 professionisti già iscritti


Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione


  • Leggi articoli esclusivi
  • Salva le tue news preferite
  • Partecipa ad eventi esclusivi
  • Sfoglia i magazine in anteprima

Iscriviti oggi!

Hai già un profilo? Accedi qui

Cerchi qualcosa in particolare?