La performance passata dei singoli professionisti coinvol...

19/09/2018
MiFID II non intacca la liquidità degli scambi
di Giovanni Pesce, formatore manageriale finanza e MiFID, Iside – Istituto Internazionale di Documentazione Economica
Highlights- Se applicata correttamente, la direttiva ha la capacità di aumentare la liquidità degli strumenti obbligazionari o collettivi
- Criticità emergono piuttosto nell’ambito della best execution

Recentemente sui mercati ci si è iniziati a chiedere se la MiFID II possa essere considerata responsabile della mancanza di liquidità negli scambi di alcuni strumenti. La mia esperienza mi porta a pensare che non sia così. Anzi, la MiFID I, introducendo il principio, poi rafforzato dalla MiFID II, secondo cui qualsiasi strumento finanziario debba poter essere scambiato e negoziato, se applicata correttamente avrebbe avuto la capacità di aumentare la liquidità degli strumenti obbligazionari o collettivi.
Sia MiFID I che II, infatti, hanno introdotto il riferimento alle trading venues, escludendo di fatto che possano esistere strumenti “non quotati” ma solo strumenti negoziabili, e permettendo anche una sana concorrenza ai cosiddetti mercati regolamentati.
La liquidita di uno strumento non si modifica per norma ma si autodetermina grazie ad almeno due prerogative:
1) La dimensione e la distribuzione dello strumento;
2) La sua comprensibilità sia in termini di caratteristiche intrinseche, sia in termini di meccanismi di formazione del prezzo.
Se poi vogliamo attribuire una “colpa potenziale” al fatto che oggi vi sia una lista di strumenti definiti liquidi rispetto ad altri che non meritano tale definizione questa “colpa” è in realtà un merito.
Per essere liquidi gli strumenti devono rispettare le caratteristiche sopraindicate che vanno a tutela degli investitori e che rappresentano un onere per gli emittenti.
Se mai esiste una possibile colpevolezza da attribuire alla MiFID questa va cercata nel terreno della best execution. È qui che le norme descrivono una città ideale che però l’osservatore attento non ritrova nei fatti.
È la best execution che dovrebbe permettere la ricerca delle migliori condizioni esecutive di un ordine di negoziazione, consentendo cioè di stringere gli spread denaro/lettera, permettendo una vera e positiva ricerca dei migliori prezzi, delle più efficienti modalità di incontro della domanda e dell’offerta e cosi via, come immaginato dai legislatori europei e da ESMA.
Mi pare di dover dire che se c’e una parte della MiFID che latita nella sua applicazione evolutiva è questa ed è a questa che si debbono le inefficienze legate ai prezzi e di conseguenza agli scambi, ma non sono per nulla convinto che al momento vi sia un vero interesse da parte degli operatori, siano collocatori o semplici esecutori, a creare veri circuiti di efficienza tali da rendere le esecuzioni davvero "best".
Tornando al tema della liquidità degli scambi, resta un altro nodo da sciogliere e riguarda tutto il mondo degli strumenti collettivi di gestione, siano essi fondi o Sicav autorizzate alla distribuzione in Italia. Infatti, fino a quando questi strumenti verranno negoziati a valore di quota o azione, e non potranno essere scambiati a prezzo, sarà difficile parlare di mercato efficiente e trasparente.
E forse varrebbe la pena riflettere anche sul fatto che un fondo comune monetario (cito ad esempio), nonostante la sua assoluta semplicità sia tutto tranne che uno strumento liquido e, soprattutto, non sia efficacemente liquidabile alle migliori condizioni per il sottoscrittore.
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