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Ramenghi (Ubs) "Con Brexit, le azioni Uk perderanno il 10%"

6/22/2016 | PierEmilio Gadda

La permanenza di Londra nell'Ue favorirebbe invece un recupero della Borsa e della divisa locali, premiando in particolare le società a media capitalizzazione


Brexit continua a fare paura. Alla vigilia del Referendum sulla permanenza di Londra nell'Unione Europea, i sondaggi riportano una perfetta parità nelle dichiarazioni di voto favorevoli e contrarie: Brexit vale il 44%, esattamente come l'ipotesi opposta, Bremain. La forbice rilevata dal Financial Times aggregando i risultati delle ultime rilevazioni si è infatti chiusa, dopo che, nei giorni scorsi, lo scenario "Leave" aveva momentaneamente guadagnato il sorpasso. E sebbene i bookmakers siano ritenuti da qualche analista più attendibili - le quotazioni delle maggiori società di scommesse, come William Hill e Ladbrokes esprimono una probabilità elevata di vittoria della fazione europeista, rispettivamente pari al 77% e 76% - nessuno può escludere che il temuto colpo di scena possa davvero prendere forma.

 

"Non è la prima volta che la Gran Bretagna si accinge a una consultazione popolare relativa ai rapporti con l’Europa: nel 1975 si tenne un referendum sulla partecipazione alla Comunità Economica Europea e il 67% degli elettori votò a favore", ricorda Matteo Ramenghi, cio di Ubs Italia. Il verdetto, questa volta, è in dubbio. E intanto l'incertezza legata al referendum ha già esercitato un impatto negativo sull'economia inglese: da inizio anno, spiega il cio, i principali indicatori mostrano un indebolimento e molte aziende hanno congelato i propri piani di investimento. La Borsa di Londra è riuscita a mantenersi vicina ai livelli d'inizio anno, sovraperformando lo Euro Stoxx 50 di oltre 9 punti percentuali. Il merito, secondo gli esperti, è soprattutto della sterlina inglese su cui si è scaricata buona parte delle tensioni legate a Brexit: da inizio anno, infatti, il pound ha perso oltre 7 punti percentuali rispetto all'euro e al franco svizzero, premiando le aziende vocate all'export.

 

Vale la pena ricordare che, secondo un'analisi di Credit Suisse, solo il 23% dei ricavi delle società rappresentate nel Ftse 100 è realizzato a livello domestico: quasi la metà rispetto alle società a media capitalizzazione (40%) rappresentate nel Ftse 250, che parrebbero favorite in caso di vittoria della fazione europeista. "Nell’ipotesi in cui la Gran Bretagna rimanga nella UE, l’incertezza politica svanirebbe. L’economia recupererebbe rapidamente, la sterlina si rafforzerebbe e il FTSE 100 potrebbe salire, anche del 5% - calcola Ramenghi -. Le società di media capitalizzazione, meno diversificate geograficamente delle blue chip, ne avrebbero un maggiore beneficio".

 

E per quanto riguarda l’Europa? "Fino ad ora, l’impatto economico dell’incertezza legata alla possibile uscita della Gran Bretagna dalla UE è stato limitato. Il mercato azionario ha, invece, sofferto l’incertezza. La permanenza della Gran Bretagna in Europa probabilmente porterebbe a un recupero rispetto agli altri indici".

 

Secondo molti osservatori, Brexit sarebbe al contrario una miccia di potenziale rischio sistemico, capace forse di varcare i confini del Vecchio Continente. Uno scenario di uscita avrebbe come conseguenza negoziazioni lunghe almeno due anni (da trattati) tra Londra e l'Ue, creando forte incertezza. La sterlina rischierebbe di indebolirsi ulteriormente - le stime degli analisti viaggiano tra il 5 e il 15% - la Banca d’Inghilterra dovrebbe assicurare liquidità alle banche, iniettando denaro e creando ulteriore pressione sulla valuta. "L’indice azionario inglese potrebbe vivere discese non lontane dal 10%", conclude Ramenghi.

 

Il rischio per l'Europa, poi, è che un eventuale vittoria di Brexit finisca per rinvigorire i movimenti anti-europeisti ben radicati nel Vecchio Continente, per esempio in Olanda, Danimarca e Italia. Senza dimenticare la Spagna, dove si terranno le elezioni politiche solo tre giorni dopo il referendum. "Il mercato azionario, in particolare il settore bancario, vivrebbe quindi una fase di correzione".

 

L’Italia ha una scarsa esposizione diretta, che rappresenta poco più dell’1% delle nostre esportazioni. "Ma, in caso di Brexit, dovremo attenderci forte volatilità sui mercati - avverte Ramenghi - e potenzialmente un allargamento degli spread sui titoli di Stato periferici, con conseguenti possibili vendite sui titoli finanziari".

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