Saira Malik, cio di Nuveen: “Le società di private equity...
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21/06/2017
Verso l'American Style Private Banking
di Francesco D'Arco
Highlights- Solo chi seguirà questa via potrà davvero utilizzare in futuro l’etichetta del “private banking”

Spesso i tentativi di definire il concetto di private banking vengono archiviati con risposte ad effetto quale, ad esempio: private banking main rule is that there are not rules. Frasi che puntano ad evidenziare uno degli elementi fondamentali del servizio, ovvero la flessibilità, la grande capacità di adattarsi rapidamente alle diverse esigenze della clientela servita. Il problema sorge quando si cerca di definire le caratteristiche della “clientela target”. Su questo tema, per anni ci si è limitati a definire il target sulla base delle soglie minimo di accesso al private banking. Una scelta che, all’inizio, è stata utile per creare un primo grande confine di separazione con il mondo retail, ma nel momento in cui in Italia è partita la “moda del private banking”, che ha visto numerosi intermediari dichiarare l’avvio di un’offerta di “alta gamma”, la definizione basata sulle soglie patrimoniali ha gradualmente perso di significato. Anche perché molti intermediari hanno abbassato tali soglie per poter dichiarare di avere un piede nel mondo del private banking, ma limitando poi questa presenza ad una “presenza di facciata”. Oggi, però, lo scenario sembra cambiato e l’industria sta attraversando una nuova evoluzione che ha portato a ridefinire il concetto di clientela target non più partendo dal semplice dato quantitativo. La conferma è giunta dalla stessa AIPB che recentemente, in risposta alla consultazione pubblica ESMA relativa a “Draft guidelines on MiFID 2 product governance requirements”, ha affermato senza troppe esitazioni: “Può essere definito cliente Private colui che abbia delle caratteristiche predefinite e tendenzialmente ricorrenti che possono essere ricondotte, in tutto o in parte, alle seguenti: cliente con patrimonio personale, familiare o comunque collegato all’attività professionale o imprenditoriale di consistenza e livello medio alto; cliente sofisticato che ha una pluralità di esigenze: sia di carattere personale, sia familiare, sia corporate”. Insomma non basta avere un patrimonio importante per essere un cliente “private” che, tradotto in termini di servizi, significa affermare che non è più sufficiente avere relationship manager in grado di creare un rapporto di fiducia con la clientela e un’offerta ampia nell’ambito dell’asset management per poter dichiarare di essere una realtà private. È evidente che anche l’Italia sta muovendo i suoi primi passi importanti verso quello che molti definiscono american style private banking, che presuppone un’offerta ampia e variegata di servizi finanziari, non finanziari e consulenziali al cliente top. Solo chi seguirà questa via, distanziandosi il più possibile dal cosiddetto european style private banking, focalizzato in modo quasi esclusivo sull’asset management, potrà davvero utilizzare in futuro l’etichetta del “private banking”
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