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Quantitative tightening, dalla volatilità nuove opportunità di investimento

9/12/2018 | Elisabetta Manuli, vicepresidente, Hedge Invest SGR

Anche di fronte a un rallentamento della crescita le banche centrali non inizieranno un nuovo ciclo di easing. L’analisi di Hedge Invest SGR.


Il periodo estivo quest’anno ha portato con sé un deciso mutamento nelle aspettative degli investitori sull’outlook dell’economia globale. A partire da giugno si è assistito a un ritorno a livelli di volatilità minimi, indici azionari ai massimi storici, curve dei tassi piatte e un mercato M&A in rallentamento. Si è trattato di una chiara inversione di tendenza rispetto alla fase positiva iniziata nel 2017 e proseguita nei primi mesi di quest’anno.

 

La causa di tale cambiamento va ricercata nell’intensificarsi delle tensioni commerciali in tutto il mondo, e in particolare tra Stati Uniti e Cina. Le preoccupazioni legate alla possibilità di un’ulteriore escalation e alle conseguenze sull’economia e sul commercio globali hanno portato gli investitori ad iniziare nuovamente a scommettere su tassi di interesse bassi per un periodo di tempo indefinito, su un ritorno della deflazione e su un possibile rallentamento economico. In certi casi si è persino ipotizzato che le banche centrali potessero decidere di interrompere il ciclo attuale di quantitative tightening e ripristinare misure di easing per far fronte alla situazione.

 

Riteniamo che il ritorno a misure di stimolo sia uno scenario implausibile. Occorre infatti considerare un ostacolo decisivo a questo tipo di azione: l’inflazione, che negli Stati Uniti ha raggiunto il 2,4% e in Europa il 2%, livelli coerenti con il target delle rispettive banche centrali. Inoltre, se la globalizzazione ha costituito un’importante spinta deflazionistica negli ultimi anni, ora invece l’avvento del localismo e del protezionismo contribuiranno – e in parte hanno già contribuito – a generare ulteriore inflazione, rafforzando il trend attuale. Le tensioni commerciali stanno facendo lievitare i costi doganali e di trasporto, che vengono trasferiti dalle aziende verso i consumatori, generando così un aumento dei prezzi. Si pensi inoltre alle quotazioni del petrolio, aumentate del 50% negli ultimi 12 mesi, e alla pressione salariale riscontrata un po’ ovunque.

 

In sintesi, anche se dovesse esserci un rallentamento della crescita, che ora comunque ha raggiunto livelli molto alti – il Pil americano ha toccato il 4,2% nel secondo trimestre – le banche centrali non torneranno indietro e non inizieranno un nuovo ciclo di easing.

 

Riteniamo dunque che, passate queste turbolenze estive, nei prossimi 6 mesi si presenterà uno scenario favorevole per le strategie alternative, che porterà diverse opportunità di investimento derivanti dal riaggiustamento delle dislocazioni estreme create da anni di QE, e rafforzate negli ultimi tre mesi a partire da maggio.

 

Ecco le nostre previsioni:

 

-        Ritorno della volatilità. Con la progressiva riduzione della liquidità in circolo si assisterà ad un aumento della volatilità, che ora invece, dopo l’impennata nella prima parte dell’anno, è di nuovo vicina ai livelli pre-crisi del 2008.

 

-        Normalizzazione al rialzo dei tassi di interesse, con un ritorno a curve dei rendimenti più ripide, in particolare sui titoli di Stato statunitensi e tedeschi.

 

-        Ripresa del mercato dell’M&A. Se le tensioni commerciali hanno fatto diminuire il numero di operazioni avviate negli ultimi mesi e aumentare gli spread sulle operazioni già annunciate, ci aspettiamo ora una graduale ripresa, che potrà essere colta grazie a strategie event-driven.

 

-        Impatto negativo sul credito. La contrazione della liquidità globale avrà un impatto negativo sul mercato del credito, che potrebbe essere ancora più accentuato se la Fed effettuerà più rialzi nel prossimo periodo di quanti il mercato attualmente si aspetta. Dovremmo quindi assistere ad un ritorno dei risk premia, che erano sostanzialmente scomparsi con i mercati inondati di liquidità dalle banche centrali. L’impatto dell’inasprimento di politica monetaria si è già avvertito sulle obbligazioni emergenti in valuta locale, sui subordinati bancari europei e sui titoli di Stato europei periferici; ci aspettiamo che si faccia sentire anche sui titoli investment grade e high yield europei.

-        Riduzione dello spread tra titoli difensivi e growth e titoli ciclici e value. La sovraperfomance dei titoli growth rispetto ai value è una dinamica in atto da 10 anni. Negli ultimi mesi in particolare ha raggiunto dei livelli estremi, simili a quelli toccati prima dello scoppio della bolla tecnologica nel 2000, riconducibili a uno scenario nel quale gli investitori prevedono una decelerazione e si rifugiano in asset le cui performance sono ritenute assicurate. Noi non condividiamo queste previsioni e riteniamo che un tale spread di valutazione non sia sostenibile. Come molti altri gestori alternativi, ci aspettiamo una correzione nei prossimi mesi, che premierà le strategie long-short equitycorrettamente posizionate rispetto a questo aggiustamento.

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