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Climate Fintech, il nuovo trend della tecnologia finanziaria

9/2/2022 | Redazione Private

Prodotti a protezione del pianeta e startup nate con l’intento di migliorarne l’impronta carbonica sono in continuo aumento. È un trend inarrestabile a cui partecipa sia la finanza tradizionale sia quella innovativa. E può dare un contributo decisivo al net zero


L’attenzione all’ambiente è in cima all’agenda delle nazioni. Come si legge in un commento a cura dell'Ufficio Studi di Opyn, l’Europa spinge per una riduzione dell’impronta carbonica fino al net zero fissato al 2050. Gli Usa e la Cina seguono con strategie altrettanto ambiziose. Gli investitori d’altro canto chiedono sempre più sostenibilità in portafoglio (la Global Sustainable Investment Review misura che gli investimenti ESG pesino per il 36% degli attivi globali in gestione, pari a un valore di 35,3 trilioni di dollari, più del doppio rispetto al 2016. Ne abbiamo parlato qui). Le industrie energivore (cemento, carta, acciaio) sono in prima linea nel fronte di chi cerca di ridurre le emissioni e combattere il cambiamento climatico.

Ma anche la finanza fa la sua parte. Secondo il report di Galaxy Digital, il consumo energetico dell'industria bancaria supera i 250 Twh all’anno. Non è un caso dunque che la finanza – quella tradizionale come quella tecnologica – sia altrettanto impegnata nelle azioni mirate alla riduzione dell’impronta carbonica.

Banca d’Italia e la finanza mondiale: la lotta al climate change

Quanto all’Italia, i numeri sono confortanti. Tra il 2018 e il 2021, l’impronta carbonica delle azioni gestite da Banca d’Italia – un portafoglio del valore di 16 miliardi – è crollata del 60% e risulta inferiore del 37% rispetto al benchmark (lo afferma il primo Rapporto sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici). I titoli del portafoglio dell’istituto sono sopra la media anche per quanto riguarda gli indicatori sociali – altra cruciale metrica della sostenibilità: le donne impiegate sono il 7% in più rispetto al mercato generale e il tasso di infortuni è inferiore del 9%.

E in tutto il mondo, anche gli incumbent finanziari aumentano il livello dei propri impegni a favore del clima. L'American Bankers Association spinge i principi per la transizione verso un'economia a bassa impronta di carbonio; Goldman Sachs ha aderito a un'iniziativa open source sui dati climatici. Il governo del Regno Unito ha stanziato 10 milioni di sterline per creare un hub di "finanza verde" a Leeds e a Londra. E compie un anno nelle prossime settimane la Net-Zero Banking Alliance, un'iniziativa lanciata da 40 banche europee e volta ad accelerare le strategie di decarbonizzazione riconoscendo il ruolo del settore finanziario nella transizione “green”. Tra i firmatari Hsbc, Santander, Bnp Paribas, Deutsche Bank, Credit Suisse e UBS. Climate fintech: sostenibile by design

In parallelo, il fintech muove i suoi passi a favore della salvaguardia del pianeta. Missione probabilmente più semplice, in quanto parliamo di un’industria sostenibile by design per il suo elevato tasso di digitalizzazione – che equivale a un minor consumo di carta se non a un modello del tutto paperless; equivale anche a minore mobilità e quindi minori emissioni legate ai trasporti; è un sistema flessibile, veloce, aperto all’innovazione.

Opyn in Italia è un esempio virtuoso: l'approccio interamente paperless dell'azienda ha prodotto nel solo 2021 un risparmio di carta di 739,5 kg pari a due pini alti 15 metri (da cui, secondo una stima del WWF si ricavano circa 79.500 fogli). Oltre all’acqua e all’energia che sarebbe servita per trasformare il legno in carta. Tutto questo fa della finanza alternativa il luogo ideale per essere testa d’ariete nella lotta al cambiamento climatico. Non a caso di là dall’Atlantico si inizia a parlare di climate fintech.

Nel 2020-21 si è assistito a un'esplosione di prodotti e aziende fintech incentrate sul clima. Non sorprende: la pandemia ha risvegliato l’istinto di conservazione e dato un assist importante alle politiche che in tutto il mondo cercano di imprimere un impatto positivo su clima e ambiente.

Come si combina un prodotto finanziario con una tecnologia attenta all'impatto climatico? Gli esempi sono già moltissimi. In primo luogo ci sono le startup che nascono proprio con l’obiettivo di contribuire al climate change. È il caso di Cooler Future, fintech finlandese che sta costruendo un'app di investimento in azioni al dettaglio incentrata sull'impatto climatico. Trine, sede in Svezia, consente invece ai suoi utenti di investire in energia fotovoltaica nei mercati emergenti, semplificando il processo e l’accesso e offrendo rendimenti interessanti. La startup Carbon Collective è un roboadvisor che costruisce portafogli a basso impatto climatico.

Altre fintech già consolidate, puntano su prodotti con focus specifico. Come Stripe che ha lanciato Stripe Climate, che consente alle aziende clienti di reindirizzare parte dei loro ricavi verso quattro tecnologie emergenti incentrate sulla riduzione dell'impronta di carbonio, ma anche di condividere l’iniziativa e dunque comunicare le proprie credenziali climatiche ai clienti (fattore sempre più determinante nelle scelte di consumo): lo strumento è già globale e vi hanno aderito oltre 100 aziende in Europa.

E infine ci sono le challenger banks come Atmos Financial che ha inserito nella sua gamma di offerta un conto di risparmio bancario "progettato per invertire la crisi climatica" attraverso investimenti in energia pulita effettuati per il tramite dei depositi. E da Stoccolma arriva infine Black, la carta di credito della startup Doconomy che si blocca se il valore delle emissioni generate dalle transazioni supera il limite per persona fissato dall’Ipcc. È un trend inarrestabile, a cui le fintech italiane partecipano con altrettanto vigore e con prodotti e servizi, ma anche processi, interamente sostenibili.

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