Tempo di lettura: 2min

Perché il prezzo dell'oro stenta a ripartire

7/4/2018

Siano (WisdomTree): "Ma gli afflussi della scorsa settimana suggeriscono che gli investitori sono posizionati in vista di un rialzo dei prezzi del metallo"


Nonostante le tensioni geopolitiche in atto, le guerre commerciali e la correzione dei mercati azionari globali, l’oro – storicamente considerato un bene rifugio – non ha beneficiato del clima di avversione al rischio.  Le quotazioni del metallo giallo hanno chiuso il secondo trimestre a quota 1.252,60 dollari l'oncia, il livello più basso in quasi sei mesi. Tuttavia, sta emergendo qualche segnale di cambio di direzione. Gli afflussi verso gli Etp sull’oro hanno registrato un rimbalzo, portandosi a 73,3 milioni di dollari e annullando i deflussi delle due settimane precedenti sulla scia della corsa agli acquisti stimolata dal calo dei prezzi.

Che l'oro sia ancora a livelli bassi, non dovrebbe stupire: il metallo prezioso è sempre stato visto come una forma di assicurazione di lungo periodo, anziché come un bene rifugio da acquistare d’impulso a fronte di episodi di volatilità a breve termine. Una correzione prolungata e persistente dei mercati azionari dovrebbe dare supporto ai prezzi dell’oro. La debolezza delle quotazioni, inoltre, è imputabile inoltre al vigore del dollaro nel contesto di tassi in aumento negli Stati Uniti, a causa della correlazione negativa tra il metallo giallo e il biglietto verde. "Il sentiment nei confronti dell’oro rimane molto debole, ma gli afflussi della scorsa settimana suggeriscono che gli investitori sono posizionati in vista di un rialzo dei prezzi del metallo" ha affermato Massimo Siano (nella foto), co-head of Southern European Distribution presso WisdomTree.

Passando al petrolio, i deflussi dagli Etp sul greggio sono saliti a 21 milioni di dollari, prolungando il trend negativo per la seconda settimana consecutiva in quanto molti investitori hanno realizzato plusvalenze approfittando dell’aumento dei prezzi del petrolio. La scorsa settimana le quotazioni petrolifere sono salite bruscamente a causa di ulteriori riduzioni dell’offerta, del calo delle scorte statunitensi e della notizia che l’amministrazione Trump mirerebbe a bloccare tutte le esportazioni di greggio iraniane entro il 4 novembre. "Con la riduzione del differenziale di prezzo tra il Brent e il WTI diminuisce l’attrattiva delle esportazioni statunitensi; ci aspettiamo pertanto che le scorte di petrolio degli Stati Uniti rimangano elevate nei prossimi mesi" ha concluso Siano. 

Condividi

Seguici sui social

Advisor è la prima piattaforma interamente dedicata alla consulenza patrimoniale e al risparmio gestito con oltre 38.000 professionisti già iscritti


Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione


  • Leggi articoli esclusivi
  • Salva le tue news preferite
  • Partecipa ad eventi esclusivi
  • Sfoglia i magazine in anteprima

Iscriviti oggi!

Hai già un profilo? Accedi qui

Cerchi qualcosa in particolare?