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Consulenti (ex-promotori) e fondi: ecco l'identikit del sottoscrittore

11/30/2015 | Massimo Morici

Come sono cambiati i clienti e quali tipologie di fondi sono andate per la maggiore negli ultimi 10 anni: i risultati di una ricerca di Assogestioni presentata al Salone del Risparmio 2015


Cresce di 7 anni l'età media dei sottoscrittori di fondi in Italia, che è passata da 51 anni nel 2002 a 58 anni nel 2014. E' quanto è emerso dai dati dell'ufficio studi di Assogestioni, presentati al Salone del Risparmio 2015 che mostrano, lato domanda, la scarsa presenza delle fasce più giovani (under 35) i quali invece dovrebbero iniziare la fase di fase accumulo, a fronte dell'aumento di sottoscrittori tra coloro che dovrebbero iniziare il decumulo, ossia i pensionati. Il calo più marcato tra i sottoscrittori si registra nelle fasce più giovani e centrali a seguito dell'andamento del mercato del lavoro, tanto che il patrimonio finanziario degli italiani con un'età superiore a 55 anni (soprattutto residenti nel Nord Italia) rappresentava nel 2014 oltre il 70% delle masse totali gestite tramite fondi comuni. Nel 2002 era il 60%. 

Quanto all'offerta, crescono i piani di accumulo, soprattutto tra i giovani, mentre tra le varie categorie di prodotto i fondi obbligazionari sono passati dal 34% del totale nel 2002 al 38%, gli azionari dal 25% al 9,7% e i flessibili dal 3,7% al 30,9%. L'80% dei clienti italiani nel 2014 ha comprato quote di almeno due fondi (il 60% di uno solo); il patrimonio investito in fondi è di 30.000 euro (3.000 nela fascia di età under 24). Nel 1994 il 20% del portafoglio delle famiglie risultava investito in titoli di stato (rispetto all'1,7% in Francia, al 4% in Germania allo 0,7% nel Regno Unito e al 4,8% negli USA) mentre oggi la percentuale è inferiore al 15%.

I fondi comuni nello stesso periodo sono passati da 5,8% nel 1994 al picco del 17% nel 1999 per poi subire una forte riduzione nel 2011 e risalire al 9,2% nel 2014. Boom dei fondi pensione prodotti Vita che dall'8,8% sono passati al 18,5% nel 2014, una percentuale comunque inferiore rispetto a quelle che si registrano negli altri principali paesi europei (in Francia 33,5%, in Germania 30,9%, nel Regno Unito 57,4%).


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