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Fondi PIR: fra due anni un nuovo boom di sottoscrizioni

10/29/2018

Ma le performance deludono: in 9 mesi su circa 50 fondi PIR presenti sul mercato solo 16 hanno segnato rendimenti positivi


Dopo il boom iniziale, gli investimenti nei piani individuali di risparmio (PIR) dovrebbero proseguire a ritmi costanti, nonostante il leggero rallentamento del 2018, con un un nuovo picco atteso nel 2020 e 2021, che segnano il quarto e quinto anno di vita dei contenitori fiscali introdotti con la Legge di Bilancio 2017: fra due anni, infatti, i primi sottoscrittori dei PIR (nel 2017) avranno la possibilità di aumentare la cifra del proprio investimento.

È quanto emerge dallo studio "I piani individuali di risparmio: risultati raggiunti e prospettive per il futuro", a cura di JeMe Bocconi, su iniziativa di Nctm Studio Legale e Deloitte, che è stato presentato il 29 ottobre a Milano. Secondo lo studio, la recente stima di raccolta netta intorno ai 67,9 miliardi per i primi cinque anni - contro la previsione iniziale di 16 miliardi, quasi ormai superata con più 14 miliardi raccolti solo nel primo anno e mezzo di vita dei PIR - potrebbe addirittura essere rivista al rialzo, perché è basata su dati piuttosto conservativi (come una crescita dei sottoscrittori annua del 2%, quando nel 2015 è stata del 5,1%).

LA RACCOLTA
L'andamento di questo mercato - prosegue il report - è stato comunque superiore alle aspettative: da gennaio 2017 a fine giugno 2018 si contano poco meno di 19 miliardi di euro di masse in gestione e una raccolta complessiva di 14,4 miliardi di euro. Sul mercato si contano 70 prodotti e 33 gruppi che promuovono fondi aperti PIR compilant, che nel primo trimestre 2018 hanno raccolto circa 2 miliardi di euro e 1,3 miliardi nel secondo portando i flussi nel primo semestre a 3,3 miliardi di euro. Nel mese di luglio e agosto gli afflussi sono stati pari a poco meno di 370 milioni e "registrano un lieve rallentamento nel ritmo di crescita rispetto ai mesi precedenti".

I PRINCIPALI PLAYER
Il lungo studio riassume anche i dati salienti dell'offerta: il primo PIR aperto, il 6 marzo 2017, è stato un fondo di Arca SGR, seguito dalle iniziative di Pioneer (ex Unicredit) ed Eurizon (Intesa Sanpaolo). L'ingresso nel mondo dei PIR è avvenuta in tre modi: istituendo un nuovo fondo (la strada scelta da UBI, Intesa, BNP Paribas e Pioneer); trasformando un fondo esistente rendendolo PIR Compliant (Mediolanum e Zenit); o entrambe le soluzioni (Arca, Amundi e Anima). Il mercato ha visto l'ingresso anche di player stranieri (tra cui JP Morgan, BNP Paribas e Allianz). Il leader dei PIR è Mediolanum con una quota di mercato del 21% davanti a Intesa Sanpaolo (19%), che però è il gruppo che ha catturato i maggiori flussi da inizio anno (942 milioni), seguito da Amundi (898 milioni). Nei primi 9 mesi lo studio ricorda anche i flussi in positivo nei prodotti PIR di Mediolanum (521 milioni), Anima (435 milioni) e Arca (250 milioni).

LE PERFORMANCE
Quanto alle performance, da inizio 2018 al 21 settembre su circa 50 fondi PIR presenti sul mercato solo 16 hanno segnato rendimenti positivi, mentre 33 negativi, in un contesto di mercato comunque difficile: l'indice FTSE Italia PIR Pmi All Index (che ha una capitalizzazione di 53 miliardi di euro e rappresenta l'universo delle Pmi in cui possono investire questi strumenti) segna infatti -1,9% da inizio anno. Lo studio affronta anche la questione costi: le fee di sottoscrizione sono comprese tra l'1,5% e il 5% dell'ammontare investito, mentre le management fee, che partono sempre da una percentuale minima dello 1,2%, mostrano un differenziale medio dello 0,6% tra i bilanciati obbligazionari e gli azionari "puri" (altre fonti indicano una media di 2,9% per gli azionari e 1,4% per i bilanciati).

A queste, inoltre, si aggiungono anche le performance fee. Per gli Etf PIR compliant le spese di gestione sono limitate invece allo 0,3%. Non mancano, infine, i primi campanelli di allarme per gli investitori: secondo gli esperti, in assenza di un aumento delle quotazioni di Pmi, esiste "il rischio concreto" di una bolla speculativa sulle società a piccola e media capitalizzazione quotate a Piazza Affari.

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