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Ponti (Kairos): ha vinto la flessibilità e il basso rischio

4/15/2021 | Marcella Persola

Il co-gestore del KIS Bond Plus racconta quali sono stati i fattori che hanno portato la strategia a sovraperformare il mercato


Il 2020 è stato un anno difficile sotto diversi punti di vista, non solo sociali e sanitari, ma anche finanziari. E nel contesto obbligazionario ormai abituato a rendimenti poco convincenti sono pochi i fondi che si sono contraddistinti. Tra questi il KIS Bond Plus, strategia flessibile di Kairos Partners gestita da Rocco Bove e Andrea Ponti.

 

Abbiamo chiesto ad Andrea Ponti (nella foto) quali sono stati i fattori vincenti della strategia e cosa si aspetta dal mercato obbligazionario.

 

 

Quali sono i punti di forza della strategia KIS Bond Plus?

 

Si tratta di un fondo flessibile absolute return, che guarda a 360 gradi a tutti i segmenti dell’obbligazionario, cercando di estrarre le migliori possibilità che si presentano all’interno di tale universo. E’ un prodotto gestito in maniera dinamica, il cui portafoglio è costruito secondo i principi dell’ampia diversificazione (non c’è un settore specifico dominante) e della bassa concentrazione. Inoltre, la gestione flessibile sulle varie componenti di portafoglio ci permette di ottenere performance assolute positive con un livello di rischio contenuto. L’obiettivo principale della gestione è fornire un prodotto con un efficiente rapporto rischio/rendimento e una particolare attenzione alla salvaguardia del capitale nel medio termine. E’ una soluzione che presenta bassi livelli di correlazione con i principali indici obbligazionari e quindi utile come “diversificatore” e buon decorrelante all’interno della strategia obbligazionaria.

 

 

Come si è comportato il fondo nel corso del 2020?

 

Nel corso del 2020 il fondo ha generato una performance del 9% contro il -0,32% dell’indice di riferimento (Fonte ed elaborazione dati Kairos su classe P-EUR). Il risultato è dovuto in primo luogo al fatto che già a novembre del 2019 avevamo cominciato a ridurre il livello di rischio totale del portafoglio, in quanto ritenevamo che il mercato presentasse delle valutazioni che lasciavano poco spazio all’upside. Questo però ci ha consentito di approfittare, in occasione della “tempesta perfetta” ossia il momento di massimo stress del mercato, di occasioni di acquisto che si presentano raramente. A partire da marzo 2020 abbiamo poi aumentato gradualmente la rischiosità del portafoglio, in primis acquistando titoli IG e financial senior, poi anche corporate ibridi, dopo l’avvio dei massicci programmi da parte delle Banche Centrali che hanno aiutato il mercato a trovare una nuova stabilità.

 

Oggi il portafoglio invece su cosa è posizionato?

 

Da novembre 2020 abbiamo cominciato ad abbassare sensibilmente la duration, cioè la sensibilità del fondo al rischio tasso, sia riducendo l’esposizione diretta sia utilizzando strategie di copertura con derivati. Il rischio principale che vedevamo, e che poi si è verificato, era un re-pricing della struttura dei tassi a livello globale, ne è conseguito quindi un taglio della componente investment grade e un aumento parallelo dell’esposizione sulla parte high yield, ai titoli finanziari subordinati e al mondo dei convertibili. Tre ambiti molto più legati all’equity e alla ripresa economica e quindi al processo di normalizzazione dell’economia che è in atto.

 

Oggi ci sono ancora opportunità nel mercato del reddito fisso?

 

Le valutazioni del mondo obbligazioni tout court non sono particolarmente attraenti, però all’interno del mondo obbligazionario ci sono, a nostro avviso, dei segmenti, quali possono essere quelli al limite tra credito ed equity, che sono ancora interessanti: penso al mondo delle convertibili e a quello dei subordinati finanziari, certo lontani dai rendimenti dello scorso anno, ma tuttavia meritevoli di essere inclusi nell’asset allocation obbligazionaria.

 

Ci sono invece temi che vi intimoriscono. Si parla molto di inflazione…

Il tema inflazione mi preoccupa a margine, ci sarà un’inflazione transitoria. Ma non credo che sia un tema che debba preoccuparci. Usciamo da questa pandemia con un livello di indebitamento dei governi centrali ma anche delle strutture private ancora più elevato, i tassi reali dovranno necessariamente rimanere bassi proprio per far fronte a questo eccesso di debito che si è creato, quindi verosimilmente avremo delle condizioni macro-economiche di inflazione moderata, con tassi di mercato non eccessivamente lontani dai livelli che potremo vedere nelle prossime settimane.

I fattori che rappresentano maggiormente delle insidie, a mio avviso, sono altri; ossia l’eccessiva euforia che in genere accompagna le fasi post-depressive. Così come la possibile normalizzazione delle politiche monetarie: anche una semplice revisione dei piani di acquisto delle Banche Centrali potrebbe infatti avere ripercussioni molto forti sul mondo obbligazionario e non solo. Ormai la fortissima dipendenza che i mercati hanno nei confronti di queste politiche è diventata quasi una sorta di “metadone” e ridurne la dose rischierebbe di portare a uno shock sui mercati. Tuttavia non credo che questi fattori arrivino a realizzarsi a stretto giro.

 

Il tema dei periferici potrebbe ritornare nella narrazione del mondo obbligazionario?

 

Non credo che i paesi periferici dell’Europa possano vivere momenti di tensione e stress come è stato in passato, vuoi per il supporto e gli acquisti della BCE, ma anche per la svolta europea del Recovery Plan che apre le porte a una sorta di condivisione del debito. E’ evidente che si sono gettate le basi di un debito pubblico comune, nell’immediato non arriveranno certo gli Eurobond, ma il rischio di uscita dall’Euro di un paese periferico è una probabilità remota e quindi non mi aspetto particolari tensioni per i bond periferici rispetto ai Bund tedeschi o a quelli dell’Europa più Continentale.

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