Le imprese italiane piccole e medie restano al centro degli investimenti dei PIR, come da progetto iniziale.

 

L’incidenza degli investimenti dei Piani Individuali di Risparmio ordinari sul flottante degli indici di Borsa si attesta infatti a un interessante 8% per l’European Growth Milan e le small-cap e per un 9% nelle mid-cap contro appena l’1,3% del Ftse Mib, secondo l’aggiornamento semestrale dell’Osservatorio PIR di Assogestioni.

 

 

A leggere i dati emerge che i PIR ordinari hanno nettamente superato i livelli minimi di investimento previsti per le società a minore capitalizzazione: sul 70% del portafoglio in emittenti italiani investono il 51% al di fuori del Ftse Mib contro il 25% previsto dalla normativa, e il 17% ad esclusione sia del Ftse Mib che del mid-cap contro il 5% stabilito dal legislatore.

 

“I PIR ordinari hanno supportato in particolare la crescita dell’EGM, come dimostra il dato dell’incidenza del flottante, pari a circa 230 milioni di euro di investimenti” rimarca Riccardo Morassut, senior research analyst dell’Ufficio studi di Assogestioni: “Dalla nascita di questi strumenti nel 2017, il numero delle società quotate nell’allora AIM ora EGM è più che raddoppiato, passando da circa 90 società a 193, a dimostrazione di come i PIR abbiano reso più liquido e spesso questo segmento di Borsa Italiana”.

 

L’orientamento appare analogo anche per i PIR alternativi, un mercato ancora piuttosto contenuto, che ad oggi vale 1,5 miliardi di euro di attivi (contro il 19 miliardi dei PIR ordinari, ndr): l’8% è diretto all’EGM, il 5% in small-cap e il 2% in mid-cap.

 

“Il consolidamento dei primi risultati dei PIR alternativi conferma come questi strumenti si stiano muovendo nella direzione pensata dal legislatore. Sono infatti circa 600 milioni gli investimenti effettuati dai PIR alternativi, di cui oltre il 90% relativi alle società non quotate o quotate sull’EGM, quindi PMI ad alto potenziale”, conclude Morassut.