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Calo del mercato immobiliare retail globale

2/18/2020 | Redazione Advisor

Con 1,9 miliardi di euro di immobili transati nel 2019, si registra una flessione degli investimenti del 13,2% rispetto allo scorso anno


Il mercato immobiliare retail globale si appresta ad affrontare importanti sfide legate al continuo avvicendarsi di mutamenti profondi nelle abitudini dei consumatori. Capillare diffusione della tecnologia, incremento dei flussi turistici, aumento della popolazione urbana e internazionalizzazione degli stili di vita mettono in discussione i modelli tradizionali facendo emergere nuove dinamiche in costante evoluzione.

Il 2019 si è chiuso con una decrescita dei volumi di investimento retail su scala globale, dovuta a una maggiore cautela da parte degli investitori nei confronti di questa asset class. L’incessante diffusione dell’e-commerce è in questo momento l’elemento più destabilizzante per il mercato. Tuttavia, a uno sguardo più attento, sono diversi gli elementi che giocano a favore del negozio fisico, anche in questa fase di rottura con il passato. In primo luogo, i consumi continuano ad aumentare in tutte le principali economie avanzate. Nonostante il commercio on-line rappresenti una fetta sempre più ampia delle vendite al dettaglio, le vendite negli store fisici non sono state interessate da un trend recessivo. In secondo luogo, il negozio on-line non ha ancora sostituito il negozio fisico nel suo ruolo di promozione di brand, incoraggiamento all’acquisto e offerta di un’esperienza più ampia del semplice scambio di beni e servizi. In ultimo, stanno emergendo alcuni dubbi circa la futura sostenibilità dei sistemi improntati su consegna e resi gratuiti, rendendo preferibile per alcuni retailer il ricorso ad altre formule che riportano al centro dell’attenzione lo spazio fisico indipendentemente dal fatto che la transazione si sia svolta on-line o off-line. L’e-commerce, comunque, non è l’unico elemento di discontinuità con il passato. Le gallerie commerciali, ad esempio, stanno attraversando una fase di rinnovamento indirizzata a migliorare la qualità dell’esperienza di acquisto.

Con l’attenuarsi del ruolo trainante delle ancore alimentari nel generare una quota consistente di footfall (a causa in parte della crescente competizione di formati più vicini alle attuali esigenze dei consumatori), si sono resi necessari nuovi approcci per mantenere alta l’attrattività dei centri commerciali. La ricerca di un mix merceologico originale e ritagliato sulle esigenze del proprio target di clienti diventa quindi determinante nel condizionare la frequenza delle visite e degli acquisti, assistendo anche il riposizionamento e la differenziazione rispetto all’offerta presente all’interno della catchment area. Anche la qualità del tempo trascorso dai clienti all’interno delle gallerie commerciali assume una dimensione sempre più rilevante, favorendo un generale ampliamento e miglioramento dell’offerta di ristorazione, leisure e servizi.

LA RESILIENZA DEGLI INVESTITORI DOMESTICI ARGINA LA SFIDUCIA DEI PLAYER INTERNAZIONALI

Con 1,9 miliardi di euro di immobili transati nel 2019, il mercato immobiliare retail registra una flessione degli investimenti del 13,2% rispetto allo scorso anno, mantenendosi comunque sostanzialmente in linea con la media registrata negli ultimi cinque anni. Gli investimenti in high street, includendo anche le transazioni di immobili mixed-use con componente prevalente retail, raggiungono invece il record di 770 milioni di euro, cifra leggermente superiore a quella registrata nel 2018.

L’out-of-town (Shopping Center, Retail Warehouse e Factory Outlet) ha subito una contrazione del 9,7% rispetto allo scorso anno, in particolare a causa del ridotto volume di investimenti nel comparto dei centri commerciali. La riduzione degli investimenti in centri commerciali (-59%) è stata comunque in parte compensata da importanti portfolio deal nel comparto delle retail warehouse e dei factory outlet. Rimangono assenti dal 2019 le transazioni di immobili per la GDO, protagonisti invece della pipeline attesa per il 2020.

Rimane stabile il contributo dei capitali domestici ai volumi di investimento retail, mentre la momentanea ritirata degli investitori internazionali spinge la quota di capitali esteri al di sotto del 70% per la prima volta dal 2011. La scarsità di prodotto e il permanere di un elevato interesse da parte degli investitori nel comparto high street dei mercati primari si sono riflessi in un'attività di investimento concentrata prevalentemente su operazioni value-added. Emblematico il caso di Milano, protagonista dei maggiori deal high street del 2019 con l’acquisto di due importanti operazioni value-add: il Garage Traversi da parte di Invesco e via della Spiga 26 da parte della joint venture tra Hines e PGGM. Si osserva comunque una vivace attività a Firenze, che consolida l’appeal delle vie più prestigiose del centro storico. Quasi tutte le asset class retail sono state interessate da una crescita dei rendimenti guidata dall’innalzamento del rischio percepito, sia in termini di solvibilità dei tenant sia in termini di liquidità dell’immobile. Resistono soltanto i rendimenti prime high street, saldamente ancorati al minimo storico del 3% registrato a partire dall’ultimo trimestre del 2017. La crescita dei rendimenti di retail warehouse e GDO rimane più contenuta, in gran parte a causa di una minore vulnerabilità nei confronti dell’e-commerce. La crescita dei rendimenti nei centri commerciali, iniziata nell’ultimo trimestre del 2018, prosegue a velocità distinte tra centri prime e secondary, questi ultimi interessati da una significativa accelerata nel corso dell’ultimo anno.

MILANO DOMINA GLI SVILUPPI, BUONE PROSPETTIVE PER RECUPERI E RIPOSIZIONAMENTI

Milano ospiterà i principali sviluppi dei prossimi anni. Oltre al Merlata Mall, Westfield e Milanord2 amplieranno lo stock della città metropolitana di oltre 350 mila mq di centri commerciali. Nel centro città è invece prevista la conclusione di tre importanti iniziative di recupero/trasformazione di immobili esistenti: Garage Traversi, The Medelan e le Corti di Baires, per un totale di quasi 30 mila mq. A Roma, i maggiori sviluppi destinati a concludersi nei prossimi anni saranno l’ampliamento del retail park Da Vinci Village e il centro commerciale Maximo, le cui inaugurazioni sono previste per il 2022. Nel resto della Penisola si assiste invece a una pipeline molto ridotta, con un volume di completion annuo tra il 2020 e il 2022 compreso tra i 90 e i 180 mila mq. Tra i principali sviluppi attesi nei prossimi anni riportiamo l’Outlet San Marino, con una prima fase di 20 mila mq in consegna nel terzo trimestre del 2020, e il Caselle Mall, con 115 mila mq di superfici retail e apertura prevista nel 2022.

OUTLOOK 2020: UN ANNO CRUCIALE

La momentanea perplessità degli investitori nei confronti del retail impone una certa cautela relativamente alle aspettative per il 2020. Il principale rischio all’orizzonte consiste in una mancanza di liquidità degli asset indipendente dalla qualità delle performance degli occupier. In Italia, come in moltissimi Paesi europei, la crescita dei rendimenti che ha interessato la maggior parte delle asset class retail riflette la necessità di offrire maggiori premialità agli investitori. Il settore potrebbe comunque essere supportato dalla compressione dei rendimenti registrata nelle altre asset class. Si rileva infatti un crescente interesse verso operazioni con rendimenti più elevati anche da parte di soggetti tipicamente impegnati in operazioni con bassi profili di rischio, proprio a causa della bassa redditività raggiunta in gran parte dei comparti dell’immobiliare. Questo aiuta a conservare l’interesse degli investitori più generalisti nei confronti del retail.

È comunque bene sottolineare che le dinamiche del commercio fisico non offrono per ora nessun particolare segnale di crisi correlabile con la comunque modesta penetrazione del commercio elettronico in Italia. L’atteggiamento degli investitori va infatti in gran parte ricondotto alla narrativa prevalente a livello globale, con cui realtà come l’Italia hanno per ora ben pochi punti in comune. Le performance dei centri commerciali italiani non hanno infatti registrato crisi di footfall o fatturati tali da giustificare il timore di un peggioramento delle performance dei retailer. Inoltre, l’impiego diffuso dei contratti di ramo d’azienda nelle gallerie commerciali italiane consente un costante monitoraggio dell’andamento delle vendite, dando la possibilità di gestire eventuali elementi di criticità attraverso atteggiamenti adattivi e predittivi, rinegoziando regolarmente i canoni a livelli sostenibili e rimodulando l’offerta commerciale. La trasparenza e l’elasticità del sistema italiano, una volta superato il momentaneo allontanamento degli investitori, potranno garantire un modello in grado di offrire una maggiore resilienza dei confronti dei profondi cambiamenti che attraverserà il retail nei prossimi anni.

Tuttavia, l’esposizione verso i capitali esteri continuerà a determinare un forte condizionamento da parte della narrativa dominante a scala globale. Una trasformazione di questa narrativa e un graduale superamento delle sfide che il retail sta affrontando costituirebbero sicuramente il miglior stimolo possibile per il mercato italiano, che continua a mantenere positivi i propri fondamentali.

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