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Private debt, crescono le operazioni ma crolla la raccolta

3/4/2021 | Daniele Riosa

Cipolletta (AIFI): “Il dato positivo della crescita nelle sottoscrizioni dimostra come il capitale di debito sia uno strumento che può avere un ruolo di supporto e rilancio dell’economia reale”


Un anno in chiaroscuro per il private debt italiano. E' quanto emerge dai dati di mercato del settore per il 2020 presentati da AIFI in collaborazione con Deloitte. La pandemia si è abbattuta soprattutto sulla raccolta che registra una diminuzione del 24% rispetto al 2019. Nel 2020, infatti, ci sono stati afflussi per 293 milioni di euro rispetto ai 385 del 2019. 

Guardando alle fonti, nel corso dell’anno, si vede una provenienza in netta maggioranza domestica, pari al 90% del totale. Nella tipologia della fonte, il 64% del capitale è arrivato da assicurazioni, il 24% da fondi di fondi istituzionali e il 10% da banche.

Innocenzo Cipolletta presidente AIFI sottolinea che “la pandemia ha rallentato l’attività di raccolta dei nuovi veicoli di private debt. Questo allungherà i tempi di chiusura dei nuovi fondi. Il dato positivo della crescita nelle sottoscrizioni dimostra invece come il capitale di debito sia uno strumento che può avere un ruolo di supporto e rilancio dell’economia reale, soprattutto per tutte quelle aziende che, nonostante le difficoltà del 2020, hanno puntato su investimenti e crescita. Per questo motivo occorre incentivare il fundraising di questi veicoli che andranno sempre più a implementare la fondamentale attività di credito degli istituti bancari”.

Lo scorso anno sono stati investiti 1.197 milioni di euro, in diminuzione del 9% rispetto al 2019 (1.322 milioni). Il numero di sottoscrizioni è stato pari a 410 (+62%, erano 253 nel 2019) distribuite su 320 target (+52%). Il 50% dell’ammontare è stato investito da soggetti internazionali, che hanno realizzato il 10% del numero di operazioni (escludendo l’attività delle piattaforme di lending). Sempre escludendo tali piattaforme, il 91% delle operazioni è stata caratterizzata da un taglio medio inferiore ai 10 milioni di euro, la durata media è di 5 anni e 4 mesi, mentre il tasso d’interesse medio è stato pari al 3,8%. Considerando le società oggetto di investimento, nel 2020 va segnalata la presenza di 2 operazioni di ammontare superiore ai 100 milioni di euro (erano 3 nel 2019). 

Complessivamente, il 70% delle operazioni sono state sottoscrizioni di finanziamenti, il 28% obbligazioni e il 2% hanno riguardato strumenti ibridi. A livello geografico, la prima Regione per numero di operazioni resta la Lombardia, 22%, seguita dal Veneto con il 14% e dal Lazio con il 9%. Con riferimento alle attività delle aziende target, al primo posto con il 33% degli investimenti troviamo i beni e servizi industriali, seguono l’ICT con il 15% e il manifatturiero – alimentare con l’11%. A livello di dimensione delle aziende target, il 49% degli investimenti ha riguardato imprese con meno di 50 milioni di fatturato.

Antonio Solinas, a.d. financial advisory Deloitte Italia, spiega che “le aziende che hanno incontrato difficoltà in questo anno di pandemia, si sono necessariamente dovute confrontare con nuovi soggetti finanziatori e diverse strutture finanziarie, anche a fronte di minore disponibilità da parte del sistema bancario a finanziare situazioni di calo di business. Il mercato del Private Debt Europeo ha infatti registrato 152 transazioni nel corso dell’ultimo trimestre, sostanzialmente in linea con l’esercizio precedente, nonostante gli effetti della crisi sanitaria”.

“A livello europeo –  rileva Solinas - l’Unitranche risulta lo strumento più utilizzato con un’incidenza del 35% sulle operazioni effettuate. Anche a livello nazionale il mercato presenta un trend positivo, con 410 transazioni realizzate nel corso del 2020 rispetto alle 253 transazioni registrate l’esercizio precedente anche se con una riduzione del ticket medio d’investimento a 3 milioni di euro".

"Le aziende si trovano di fronte alla necessità di strutturarsi diversamente da un punto di vista finanziario al fine di farsi trovare pronte a fine crisi con una concorrenza in forte ripresa; gli strumenti di alternative lending possono consentire alle aziende di ridefinire la propria struttura di capitale in modo più efficiente ed essere quindi più competitive”, conclude l'a.d. di Deloitte Italia.

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