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Quando un green bond non fa primavera

6/20/2018 | Greta Bisello

Continuano a crescere le emissioni obbligazionari "verdi", che nel 2018 si avvicineranno ai 250 miliardi di dollari, MainStreet Partners mette in guardia dal sapere riconoscere i rischi e dalle aziende che costruiscono immagini ingannevoli


Le emissioni obbligazionari green continuano a crescere: secondo i dati presentati a Londra da Environmental Finance, il mercato – che ha raggiunto quota 177 miliardi di dollari nel 2017 – è destinato a superare “quota 200” nel 2018 per avvicinarsi ai 250 miliardi. È chiaro quindi l’interesse da parte dell’industria europea, riscontrabile anche nell’emissione di green bond da parte di istituzioni finanziarie internazionali come la European Investment Bank (BEI), che ha recentemente pianificato un Sustainability Awareness Bond.

 

Enrico Lo Giudice, research associate di MainStreet Partners sottolinea che se si allarga lo sguardo in generale alle obbligazioni tematiche, vediamo un aumento degli strumenti d’investimento sostenibili disponibili: oltre ai green bond, infatti, anche i social e sustainability bond si stanno guadagnando una fetta di mercato importante. Ma potrebbero essere i Transition bond la tipologia di obbligazioni più interessante per il futuro, ovvero bond emessi da società non green che si impegnano a diventare più sostenibili nel tempo attraverso la raccolta di debito.

 

Con l'interesse cresce anche il rischio del cosìdetto “greenwashing”: quel fenomeno grazie al quale aziende ed istituzioni costruiscono un’immagine ingannevole di sé tramite l’emissione di green bond dagli use of proceeds discutibili.

 

Alcuni bond legati a fattori ESG o ai Sustainable Development Goals, infatti, paiono strumenti ancora piuttosto vaghi e troppo focalizzati sui target di rendimento (e forse di marketing) che sugli obiettivi positivi su ambiente e società. Un altro elemento di attenzione emerso durante la Green Bonds Europe Conference riguarda quegli emittenti che lanciano singoli green bond, che potrebbero prestare il fianco a una critica, ovvero quella di aver emesso il bond solo per motivi di “immagine”.

 

In questo senso, conclude l'esperto di MainStreet, gli investitori saranno il vero ago della bilancia, premiando gli emittenti che hanno una traiettoria precisa con obiettivi pianificabili e misurabili, come ad esempio un piano di emissioni obbligazionarie green o una pipeline definita.

Insomma, non è l’emissione di un singolo green bond che rende l’azienda emittente “green”. In quest’ottica, con una maggiore integrazione ESG e un maggiore grado di trasparenza gli investitori sono in grado di capire se l’azienda crede davvero nel finanziamento di asset green – e sapranno premiarla.

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